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CANDIDATO N° 2 - ELIO GIUSEPPE LURAGHI

PROGRAMMA DI GOVERNO

ELEZIONI COMUNALI

26-27 MAGGIO 2002

SAN DONATO MILANESE



DOCUMENTO POLITICO E PROGRAMMATICO




“GOVERNARE BENE
E DIVERSAMENTE”

CANDIDATO SINDACO
ELIO LURAGHI


LISTA COLLEGATA
SDI-Socialisti Democratici Italiani-San Donato Milanese



INDICE


· Le Tracce del Programma pg. 2

· La parte più propriamente politica pg. 7

· La parte più propriamente programmatica pg. 12

· I tre argomenti cardine pg. 14

o Lo sganciamento del Gruppo Eni dalla Città pg. 14

o L’inquietudine della Città pg. 18

o Le grandi infrastrutture di trasporto pg. 19

· Come rinvigorire le Istituzioni e la Partecipazione Democratica pg. 22

o Gli specialismi e la crisi dei partiti pg. 22

o Come costruire i Gruppi Dirigenti pg. 24

o Le capacità amministrative e la loro trasparenza pg. 26

o Riepilogo e Proposte pg. 27

· Esproprio aree legge 167: “Un brutto affare” pg. 29

· Il Piano Particolareggiato del Centro Cittadino pg. 30

· Politiche per la Terza Età pg. 33

· Il Quartiere Poasco-Sorigherio pg. 35

· Scuola-Formazione-Infanzia pg. 36



DOCUMENTO POLITICO E PROGRAMMATICO


Le TRACCE del PROGRAMMA (ovvero la SINTESI)


Le premesse:

- Il prossimo 26 maggio 2002 si terranno le elezioni amministrative.

- La campagna elettorale a San Donato Milanese si presenta densa di conflitti.

- L’attenzione a ciò che succede qui sarà ancora una volta alta - non si pretende di dire a livello nazionale ma sicuramente in ambito provinciale e regionale - per le tante ragioni che caratterizzano questa realtà territoriale e la sua composizione sociale.

- I riflessi dello scontro aperto, in parte, nell’Ulivo tra DS e Margherita avranno una ricaduta immediata in questo contesto. Verdi, Rifondazione Comunista, Lista Di Pietro, Unione di Centro, Lista Civica svolgeranno il ruolo di comprimari.

- Le modalità e i contenuti con cui si è conclusa la trattativa sul Sindaco nello schieramento di centro/sinistra confermano le preoccupazioni.

- La Casa delle Libertà tenterà di affermare un avamposto significativo nell’hinterland milanese.

- La qualità della vita e, in particolare, la difesa dell’ambiente sono un’esigenza da tutti riconosciuta indispensabile. Non può, dunque, più essere appannaggio di una sola forza politica (Verdi) e, in ogni caso, lo SDI legittimamente ne rivendica la salvaguardia che, da sempre, fa parte della sua cultura.

- È sempre più forte il rischio che il confronto venga mutuato dai temi generali dello scontro nazionale e di questi recepisca soltanto le modalità più deteriori della rissa fine a se stessa.

Esistono invece le condizioni di base per cogliere le opportunità positive del confronto politico e programmatico evitando o minimizzando gli aspetti deteriori. Si tratta di cercare di mantenere ferma la barra del timone in direzione dei tanti problemi concreti che incombono su San Donato Milanese, che devono essere opportunamente affrontati ed ai quali occorre tentare di dare soluzione.



Ricordiamone alcuni:

- Tentare di recuperare gli errori commessi dalla uscente Amministrazione nel processo di sganciamento della SNAM dalla Città e di salvaguardare, nonostante ciò, taluni interessi pubblici fondamentali.

- Assumere un atteggiamento dignitoso e fermo verso i nuovi immobiliaristi e le loro inevitabili pretese di redditività dell’investimento effettuato.

- Riaffermare il ruolo di San Donato Milanese nel contesto metropolitano, milanese e lombardo, in virtù della sua collocazione geografica, tra formidabili infrastrutture di trasporto, e della concentrazione terziaria unica in Europa.

- Assumere l’iniziativa per far svolgere alla nostra Città il ruolo che le compete nel contesto Metropolitano e Provinciale.

- Riappropriarsi del rapporto con gli altri importanti Enti che influiscono in misura determinante sull’assetto della realtà cittadina: Comune di Milano, Provincia, Regione, Stato, ANAS, Ferrovie, Metropolitana, Aeroporto di Linate, Società Autostrade, Parco Sud, Canale Navigabile, Ospedale Clinicizzato.

Definire l’agenda degli argomenti aperti e che si intende trattare con ciascuno di essi.



C’è anche un altro tema di carattere generale che merita molta attenzione e di essere messo in rilievo; si può sintetizzare con l’espressione “le forme della democrazia”:

- Si pensa ad un Sindaco che forte del mandato popolare si sente autosufficiente ed onnisciente, incurante delle opinioni della sua maggioranza e dell’opposizione? 

Lo SDI non la pensa così!

- Si pensa ad un Sindaco che decide tra diverse opzioni e stimola il dibattito e l’approfondimento democratico degli argomenti di maggiore spessore e rilevanza? Lo SDI è su questa linea!

- Si pensa al Consiglio Comunale come inutile orpello formale o come luogo d’approfondimento e di aperta e franca discussione?

Lo SDI è per la seconda soluzione!

- Si pensa ad una Giunta Comunale asservita acriticamente al Sindaco o come struttura direzionale ed “intellettuale collettivo”?

Lo SDI è per la seconda soluzione!

- I Cittadini sono persone che danno fastidio se pongono dei problemi o rappresentano consapevolezza e lievito democratico?

Lo SDI è per la seconda soluzione!



Si può scendere ora nel dettaglio con qualche esempio dei temi più corposi:

- Cosa si vuol fare del Centro Cittadino? E del Laghetto? 

Lo SDI vuole il “parco cittadino” che deve comprendere il pratone e il laghetto!

- Il Piano Regolatore Generale è ancora attuale?

Lo SDI è convinto che il Piano Regolatore - dopo un quarto di secolo dalla sua elaborazione e otto anni dalla Variante Generale – debba essere completamente ripensato e riformulato per i seguenti principali motivi:

- Le condizioni ambientali si sono modificate ed è enormemente cresciuta la sensibilità e l’attenzione popolare attorno ai temi della qualità della vita, della protezione della natura, dei pericoli derivanti dall’inquinamento, della salute psico-fisica degli esseri umani.

- La difesa della qualità dell’aria si attua impedendo, soprattutto, che il traffico veicolare si canalizzi verso il Centro della Città, già densamente abitato e frequentato.

- Bisogna dunque tenere sgombre da residenze ed uffici di Terziario le zone centrali ancora libere.

- L’intera viabilità deve essere ristudiata in quest’ottica per impedire intasamenti ed il caos veicolare.

- L’insieme di questi interventi programmatori deve consentire di prevenire e ridurre l’inquinamento acustico.

- Il tema centrale deve essere l’uomo e la qualità della sua vita.

- Occorre ridefinire l’identità culturale della Città anche a seguito dei profondi cambiamenti strutturali e sociali intervenuti. 

- Quali le idee sulle aree boschive lungo il Lambro?

Lo SDI, coerentemente con quanto tempo proposto e con il progetto del “Sistema dei Parchi” del 1994, vuole il loro risanamento e la loro accessibilità a piedi e in bicicletta!

- Come si intende risolvere il rapporto di contiguità con la stazione terminale della MM3 e tutti i problemi di sicurezza, di viabilità e di accesso ad esso connessi?

Lo SDI vuole il presidio di polizia nella stazione, aperto sino a notte fonda!

- Quale destino si vuole assegnare alle aree dismesse prospicienti la stazione MM3?

Lo SDI vuole togliere la destinazione a “terziario” e costruire abitazioni in edilizia libera e convenzionata!

- Come salvaguardare la qualità urbana dell’ex villaggio ENI?

Lo SDI crede nella strada della collaborazione con gli abitanti!

- Cosa si intende fare per l’area San Francesco?

Lo SDI lotterà per avere un insediamento di alto prestigio: Museo, Università, Sala Conferenze!

- Possibile che i condomini delle Torri Lombarde debbano continuare a pagare oneri impropri?

Lo SDI pensa che sia un’ingiustizia di cui è responsabile la SNAM ma anche il Comune che non ha risolto il problema prima che SNAM vendesse. Bisogna porre riparo.

- Si intende o meno aprire la stazione ferroviaria all’altezza del Quinto Palazzo Uffici?

Lo SDI vuole aprirla al più presto!

- Quale soluzione dare allo svincolo, a cavallo con il Comune di Milano, che organizza il traffico tra Autostrade, via Emilia e Stazione MM3?

Lo SDI vuole ridisegnarlo in accordo con il Comune di Milano per consentire un traffico meno congestionato!

- Come si intende risolvere il problema degli accessi alla Paullese?

Lo SDI vuole che finalmente si realizzino le strade previste dal Piano Regolatore, prima che la Città rimanga definitivamente imbottigliata dal traffico!

- Si può ipotizzare uno spostamento della Scuola Elementare di via Libertà per lasciare spazio ad una “vera piazza nel centro vitale della città”?

Lo SDI vuole spostare la scuola e costruirne una nuova nell’area della Centrale Elettrica dismessa che si trova tra via Jannozzi e via Cesare Battisti! L’area liberata sarà la vera “Piazza Cittadina”!

- Si può finalmente progettare e costruire una Residenza Sanitaria – Casa di Riposo per Anziani?

Lo SDI dice: è ora, siamo in ritardo di anni!

- Quali le idee per la fruibilità ambientale di Poasco e delle aree agricole ad esso adiacenti, cave comprese? Per il collegamento salubre con le Abbazie di Viboldone e Chiaravalle?

Lo SDI vuole efficienti “Piste Ciclabili”, da San Donato per Poasco e da Poasco per Viboldone e Chiaravalle! Formula anche una serie di proposte articolate in un apposito capitolo di questo programma.

- Quali iniziative si intendono promuovere per favorire, assieme ad altri, il disinquinamento del Lambro, della Vettabia e del Redefossi?

Lo SDI vuole una vera politica ambientalista per il recupero del fiume e dei due canali, oggi semplici fogne a cielo aperto!

- Si può fare qualche passo avanti nell’ulteriore recupero della qualità urbana dei quartieri Certosa e Di Vittorio? Che cosa si propone a riguardo?

Lo SDI vuole ravvivare la politica di attenzione per questo grande quartiere un po’ abbandonato in questi ultimi anni e realizzare finalmente lo sfondamento della strada verso San Giuliano!

- Quali le proposte per la vasta area agricola prospiciente il Parco di San Giuliano Milanese ed in merito allo scolmatore che vi transita?

Lo SDI propone collaborazione con San Giuliano ma anche fermezza nella difesa dei diritti dei propri cittadini!

- Che cosa si pensa di fare della vasta area dei Laboratori di Ricerca a Bolgiano?

Lo SDI pretende che l’ENI dichiari che ricerca non ne fa più! Dopo si vedrà!

- Si intende collegare la strada di Carpianello al rondò di Peschiera Borromeo?

Lo SDI pretende che la strada venga fatta!

- Cosa fare per difendere i cittadini dall’inquinamento acustico causato da Linate?

Lo SDI vuole che si dia attuazione a quanto previsto da otto anni nello Statuto del Comune: “La SEA di Linate deve pagare una tassa per ogni aereo che atterra, da destinare alle opere di insonorizzazione delle case!”

- Quanto tempo dobbiamo aspettare perché Viale De Gasperi la smetta di essere un “autodromo”?

Lo SDI dice basta! La vita dei nostri ragazzi viene prima di ogni altra cosa! Vogliamo una sicurezza vera e non virtuale!

- È vero che la Direzione dell’INPS di Via Toffetti (zona Corvetto) sta cercando una Sede più adeguata?

Lo SDI vuole che l’INPS venga a San Donato Milanese e collaborerà per la ricerca di adeguate soluzioni!

Naturalmente ci sono tutti gli altri temi: del sociale, della cultura, della scuola, dell’ambiente, dei lavori pubblici, dei trasporti, dello sport, del tempo libero, dell’organizzazione degli uffici comunali.

Facciamo solo alcuni esempi:

- Ci proponiamo di riuscire ad individuare le “nuove povertà” che per tante ragioni non si palesano, se non nel momento dell’epilogo drammatico (anziani abbandonati, persone sole, bimbi e ragazzi profondamente disturbati, ecc.).

- Bisogna mettere in campo un complesso di politiche atte a favorire l’appartenenza alla Città.

- Il dibattito e le iniziative culturali devono essere adeguati e in taluni casi ripensati.

- Occorrono concrete ed efficaci politiche verso i numerosissimi stranieri presenti sul territorio.

- Bisogna aiutare le scuole perché si strutturino adeguatamente per l’accoglienza degli stranieri e per sostenere le fasce più deboli (non necessariamente le più povere)! Garantire nelle scuole elementari l’insegnamento, due ore alla settimana, della lingua inglese con insegnante madrelingua.

- Le strutture scolastiche devono essere adeguate, rafforzate e ringiovanite.

- Bisogna rapportarsi in maniera più efficace con le strutture sanitarie presenti sul nostro territorio comunale, ma sempre più lontane in termini di possibilità di controllo sul loro funzionamento (Ospedale Clinicizzato, ASL, Distretto, Laboratori di Analisi, ecc.). Il Sindaco è, per Legge, il responsabile della Sanità nel suo Comune e, quindi, deve far valere tutte le sue prerogative per tutelare al meglio la Salute dei suoi cittadini.

- Valorizzare adeguatamente le tante forme del volontariato sociale “no profit” che già svolgono una insostituibile funzione integrativa e complementare.

- Le strutture sportive devono essere adeguate, integrate, riequilibrate.

- L’illuminazione stradale va completata e rafforzata, in particolare dove esistono maggiori problemi di sicurezza.

- Il servizio di pulizia e raccolta rifiuti deve essere profondamente ripensato e reso più funzionale, avendo cura di ascoltare critiche e suggerimenti dei cittadini.

- I trasporti pubblici devono essere ripensati per rendere più agevole il rapporto con la stazione MM3 e per i collegamenti di Poasco con Milano.

- Gli orari di apertura dei negozi e degli esercizi pubblici devono corrispondere alle esigenze della collettività, specialmente durante il periodo estivo e la domenica.

- L’efficienza degli uffici del Comune deve essere rafforzata.

- Forte deve essere l’attenzione al tema della sicurezza dei cittadini (in particolare durante le ore notturne) e delle loro abitazioni.

- Deve trovare una duratura e decorosa soluzione il tema del Mercato Settimanale del Venerdì. Lo SDI si adopererà per ricercarla con il concorso di tutti gli interessati.



























La parte più propriamente politica

Globalizzazione
- Nel mondo di oggi le cose accadono ad un livello talmente alto, generale e apparentemente distante (internazionale, scientifico, economico, finanziario, culturale, ecc.) che i cittadini si sentono smarriti ed impotenti; passa l’idea che sono problemi fuori dalla capacità di controllo della gente comune e della politica stessa.

- Su questo terreno la politica deve perciò proporsi di recuperare fiducia attraverso idee e proposte capaci di ristabilire un contatto con i cittadini e di riattivare il loro coinvolgimento nelle decisioni che riguardano tutti.

- In assenza di ciò, il populismo apparirà come la forma più idonea e meno faticosa per dare risposta alle esigenze di partecipazione.



Stato della Sinistra

- La frammentazione è un esiziale elemento di debolezza della Sinistra.

- Per affrontare i problemi globali di oggi è necessaria una massa critica della Sinistra ben diversa da quella attuale.

- In particolare, preoccupanti sono le difficoltà che la Sinistra ha con il mondo del lavoro di cui non riesce ad interpretare le esigenze; specificatamente quelle dei lavoratori (sempre più numerosi) aventi marcata professionalità e capacità di conduzione personale dell’attività, i quali chiedono di avere sempre maggiori spazi di autonomia e di personale riconoscimento economico.



Libertà

- La Sinistra, preoccupata dall’invadenza del potere privato, ha pensato alla libertà in termini di potere pubblico al fine di sbarrare la strada all’affermarsi del potere privato stesso; ha dato con ciò l’impressione di porre limiti alla libertà.

- Bisogna invece aver chiaro che non si tratta di arginare la libertà ma di porre limiti al potere dei pochi sollecitando e mettendo in campo la libertà degli altri.

- La Sinistra ha invece spesso dato l’impressione di orientarsi verso un’uguaglianza acritica che ha mortificato le libertà individuali.

- I rischi di esclusione sociale sono oggi ingigantiti dai processi di globalizzazione in atto.

- La Sinistra deve essere capace di rendere più civili i processi economici, partendo proprio da essi per costruire e mettere in campo una nuova coesione sociale.

- Le sempre più rapide fratture del corpo sociale e la sua incalzante frammentazione, con la carica di violenze e di conservatorismi che si portano dietro, preoccupano ovviamente tutti ma solo la Sinistra ha interesse ad affrontarle puntando sulla coesione sociale che, peraltro, in passato, ha dimostrato di saper efficacemente costruire.







Unire la Sinistra è un prerequisito

- Non si tratta di sradicare le tradizioni dei diversi partiti che compongono la Sinistra ma di fare piazza pulita delle vecchie incrostazioni derivanti da sedimentati rancori reciproci.

- Non ci si pone certo il compito di omologare, ma di riconoscere che c’è una missione comune da portare avanti, che c’è bisogno di una massa critica adeguata per poter influire nella politica e che si è disponibili, proprio per queste ragioni, a comporre le differenze in un contenitore comune.

- La Sinistra non è solo molteplicità di valori ma anche espressione di differenti realtà organizzate che sono essenziali per mantenere operante una operativa rete di rapporti tra le persone che intendono occuparsi della cosa pubblica.

- Sindacato, cooperazione, movimenti associativi vanno perciò coinvolti in questo processo e ravvivati nelle loro finalità.



Il Socialismo europeo

- L’Europa di sinistra è a larghissima maggioranza socialista.

- Il Centrosinistra italiano è perciò obbligato a passare attraverso il rapporto costruttivo con la famiglia dei partiti socialisti europei.

- Questa necessità non deve apparire come volontà egemonica, bisogna invece avere cura di accogliere e valorizzare anche le altre tradizioni del riformismo democratico e popolare presenti nell’Ulivo.

- La storia del Riformismo italiano poggia su tre filoni culturali:

- il filone socialista;

- il filone laico-democratico;

- il filone cattolico-popolare.



Le Elezioni e il nuovo Governo

- La sconfitta elettorale richiede di essere riassorbita nei tempi fisiologicamente necessari.

- La rilevante sconfitta dei DS pone dei seri problemi a tutta la Sinistra:

- In vaste aree del Paese i DS sono ormai una formazione politica con scarso radicamento sociale.

- Gli smottamenti in meridione, particolarmente la Sicilia, lasciano presupporre ulteriori frane in considerazione dei mutati rapporti di forza nazionali.

- Le consistenti perdite nelle aree solitamente forti (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche) possono mettere in moto un processo di ripensamento e di ricollocazione di forze sociali storicamente collocate a Sinistra (Cooperazione, Artigianato, ecc.).

- Il nuovo Governo deve essere messo nelle condizioni di assumersi sino in fondo le responsabilità di gestione della cosa pubblica, senza dare pretesti all’accusa di boicottaggio e di opposizione pregiudizialmente sconsiderata.

- L’opposizione deve basarsi sui contenuti motivando le ragioni del dissenso e chiarendo le proposte alternative.

- Gli inevitabili anni di opposizione devono servire per ricostruire un programma coerente con i bisogni della società e le idealità di fondo di una forza riformista e socialista.

- Devono anche essere occasione per rinsaldare rapporti democratici con i militanti e dialettici con l’intera società, approfondendo e rafforzando la collaborazione e l’intesa con tutte le altre forze riformiste di diversa estrazione.



Ecco alcuni temi programmatici di portata nazionale (da intendere come semplice principio di abbozzo di un’elencazione, certamente incompleta ma che bisognerà preoccuparsi di ampliare ed approfondire, di problemi concreti che devono essere affrontati):

- Stato sociale: Pensioni, Sanità, Assistenza, Volontariato, ecc..

- Fiscalità.

- Organizzazione e funzionamento delle Istituzioni democratiche: Stato, Regioni, Provincie, Comuni.

- Organizzazione e funzionamento della Giustizia.

- Efficienza della burocrazia.

- Scuola adeguata ai tempi e alle sfide.

- Valorizzazione del patrimonio artistico e paesistico.

- Immigrazione: regole ed opportunità.

- Vivibilità delle Città.

- Difesa della natura e recupero del degrado.

- Ecc., ecc..



Comitati di base

- Luogo dove si uniscono giovani generazioni di dirigenti di partiti di sinistra e dove si recupera un rapporto con l’esperienza e la tradizione storica.

- Occasione per il recupero alla vita politica di tutti quei quadri dirigenti che avevano fatto proficue esperienze nelle istituzioni, nel sindacato, nelle cooperative e che per diverse ragioni hanno poi abbandonato l’impegno diretto.

- Scuola di integrazione e lobby per processo unificante.



Congresso DS

- Ci si attendevano parole convincenti nel sancire la definitiva rottura con l’ideologia comunista nella concezione del partito e del potere e da qui ripartire per inserirsi nel grande solco dell’ideologia socialista. Tre temi, in particolare, attendevano parole di sofferta e sincera verità:

1) Avere consapevolezza che a nessuno è dato di essere sempre e comunque dalla parte giusta, per definizione o per volere soprannaturale, ma che questa collocazione bisogna conquistarsela ogni volta sul campo con le proprie idee e i propri comportamenti.

2) Riconoscere l’uso politico (a fini esterni ma anche interni) di Tangentopoli, vissuta come diversivo e vera e propria ancora di salvezza rispetto al crollo dello Stato sovietico e dell’ideologia comunista. Proporre dunque la pacificazione del paese che non può essere dilaniato in eterno dagli insulti e dalle reciproche delegittimazioni.

3) Pensare ai propri Leaders in termini di capacità politica, di coerenza democratica e di governo. Da essi ci si attende un’azione costantemente orientata alla soluzione dei problemi e sorretta dall’intento di allargare il consenso e l’aggregazione. 

- All’interno, i militanti ex comunisti dovrebbero essere aiutati a capire che la devozione al partito non può prescindere dai principi ai quali esso impronta la sua azione politica, dalla coerenza dei suoi programmi e delle sue alleanze. All’esterno, coloro che guardano con attenzione alla possibilità di dare vita ad una vera forza socialista capirebbero che finalmente è giunto il momento di fidarsi.

- Ci si aspettava dunque un Congresso non contro qualcuno ma per una prospettiva politica di apertura.



Come rivitalizzare la Sinistra

Un recupero di influenza della sinistra ed una sua ripresa di credibilità passano, secondo noi, attraverso un bagno di umiltà. In particolare:

- Riconoscere gli errori della propria storia, senza infingimenti, superando concretamente i comportamenti culturali ed organizzativi che di questa storia sono il frutto. Recuperare invece, per davvero, il rapporto democratico con la base degli iscritti e degli elettori, soprattutto in occasione delle grandi scelte e dei momenti di preparazione delle liste elettorali.

- Rinunciare alla demagogia forcaiola su Tangentopoli, operando concretamente e con sincera convinzione perché i comportamenti di quell’epoca non si ripetano.

- Pensare ai propri Leaders in termini di capacità politica e di governo, mantenendo ferma la barra del giudizio in modo che la prua dell’iniziativa sia sempre orientata verso i problemi da risolvere e sorretta dall’intento di allargare il consenso e l’aggregazione. 

Ma il possibile recupero richiede anche tante altre cose che vengono poi a cascata: ripensamenti, messe a punto programmatiche, scelte organizzative e di alleanze, ecc..

Umiltà, ragionevolezza, ascolto sono oggi le doti necessarie ad un sinistra che creda ancora nel suo ruolo di difesa degli interessi dei più deboli e che si sforzi di individuare forme nuove di promozione e di sviluppo, combinandole con la capacità di saper far funzionare la macchina dello Stato e di agevolare l’espandersi intelligentemente regolato dell’imprenditorialità. In questa difficile opera di riconversione un ruolo importante spetta ai militanti e alle strutture di base ancora funzionanti che non possono sperare in scelte risolutive dei gruppi dirigenti, i quali sono avvitati in una crisi impossibile da risolvere nelle ristrette mura dei rapporti di forza consolidati (talora assolutamente meschini). Il peso delle contraddizioni di fondo, la perdita di posizioni di potere e di prestigio nelle istituzioni e la inevitabile spietata concorrenza della “Margherita” sul terreno della leadership e dell’egemonia rendono improbabili, se non impossibili, repentini rovesciamenti di fronte. La ripresa può dunque essere immaginata soltanto all’interno di un vasto e duraturo lavoro culturale e democratico che coinvolga soprattutto la base sociale. Siamo convinti che non esiste democrazia senza leadership, ma ci sono momenti in cui un’organizzazione deve essere capace di definire e scegliere i propri dirigenti non in funzione di schieramenti precostituiti ma di convincenti scelte politiche di fondo, pena il rompere delle fila e la disfatta disordinata.



Lo SDI

Il ruolo politico dello SDI e la sua funzione nell’attuale frammentato schieramento di Sinistra è improntato a queste idee e a questi propositi.

Noi lavoriamo per la ricomposizione delle forze di sinistra chiaramente riformiste e socialiste.

Ricomposizione che non può realizzarsi su logiche di puro potere ma deve essere fondata sulla condivisione di linee programmatiche e sul riconoscimento della pari dignità.

Anche a San Donato Milanese abbiamo perseguito sino all’ultimo questa prospettiva e questi obbiettivi.

La chiusura delle altre forze di centro-sinistra sui contenuti da noi proposti e l’arroganza dei loro atteggiamenti ci hanno impedito di essere parte dell’alleanza che esprime il loro candidato Sindaco.

Ci batteremo perciò da soli, con il nostro candidato Sindaco Elio Luraghi, convinti di affermare un nostro ruolo, insostituibile sui contenuti programmatici e per l’affermazione della prospettiva politica che ci sta a cuore: “Una Sinistra socialista e riformista che si propone di Governare con trasparenza d’intenti i complessi processi della realtà moderna, senza demagogia e senza fondamentalismi”.








































La parte più propriamente programmatica


La frammentarietà del territorio comunale di San Donato Milanese è radicato nelle origini stesse della città, si ritrova già nel dualismo Metanopoli-San Donato, nella frattura procurata dalla ferrovia, dalle autostrade, dalle strade statali e dal Canale Redefossi.

La vicenda “pratone” è stata un’altra occasione persa per ricucire uno strappo, completare, inventare, collegare elementi distanti della città.



Altra considerazione importante è relativa al ruolo ereditato dalla nuova società (ASIO S.r.L.) proprietaria del patrimonio ENI. Il rapporto è tutto da impostare ma, non dobbiamo dimenticare, che questa possiede la quasi totalità delle aree strategiche, per la pianificazione e lo sviluppo urbano e che quindi sarà essenziale impostare un buon dialogo.

È prevedibile che in breve tempo la nuova società presenterà il suo piano di sviluppo (conforme alle norme ed al PRG vigente) relativo a queste aree e l’amministrazione comunale dovrà aver già deciso le sue linee e le sue priorità per non sprofondare in un immobilismo dannoso per entrambe le parti.



Infine il discorso del “centro cittadino” (non necessariamente connesso all’area del pratone). Non basta creare uno spazio, una piazza, un luogo d’incontro per creare delle dinamiche sociali; è vero, infatti, che San Donato non ha “tradizione” di borgo antico, un nucleo storico, la chiesa, il municipio, la piazza del mercato, consolidati nell’uso e nella vita dei cittadini di molte generazioni.

Riteniamo, dunque, che si possa ragionare al contrario: creiamo l’attività, l’interesse, la funzione … ed il luogo verrà necessariamente dopo.



È necessario pensare che tipo di città vogliamo: una città satellite, una città dormitorio, un nuovo centro direzionale/terziario, una città della cultura, ecc. … ed in questo senso promuoverne lo sviluppo.

Se, per esempio, voglio vivere San Donato come un’isola di pace, lontano dalle dinamiche caotiche della grande metropoli, cercherò di frenarne lo sviluppo terziario ed avrò ragione nell’organizzare, al massimo, i trasporti per collegare il mio territorio alle funzioni/servizi esterni.

Al contrario se, come pensiamo noi, vogliamo una città che si riappropri di alcune sue funzioni e servizi sociali importanti, perché importante è la città, dobbiamo, con gli accorgimenti e la pianificazione corretta, spingerne lo sviluppo e cercare una connotazione forte che polarizzi l’attenzione su di essa.

- Pensiamo a funzioni di prestigio, che potrebbero essere anche culturali, come l’ampliamento (in programma) della biblioteca in ambito multimediale (non per far concorrenza al progetto di Milano ma per unificare l’area del sud Milano o rafforzare qualche tematica) o la creazione di un museo/laboratorio interattivo.

- Il progetto di infrastrutturare la città, a livello trasporti pubblici, è secondo noi ancora molto attuale perché è necessario rendere più fluido e veloce l’interscambio con la metropolitana milanese.

- Pianificare la città è FONDAMENTALE: sarebbe stato molto utile avere in questi anni una valida commissione urbanistica piuttosto che una commissione edilizia talvolta faziosa e anacronistica.

- Il centro cittadino è da ripensare. A questo punto, però, è necessario ripensarlo radicalmente perché la focalizzazione sulla dicotomia spazio verde-spazio edificato ha portato ad una impasse difficilmente risolvibile.

- L’area del laghetto deve essere valorizzata, non necessariamente eliminando l’edificato, ma, di certo, riducendolo e compattando/preservando l’area che potrà diventare spazio verde vissuto per la città, ovvero vero parco cittadino in continuità con il “pratone”.

- Le aree a verde della città, soprattutto a Metanopoli, dovrebbero rimanere patrimonio e caratteristica della città.

- Il problema della circolazione risulta, secondo noi, ancora largamente irrisolto e, comunque, integrabile e riformabile.



























































I tre argomenti cardine


Individuiamo tre argomenti che hanno un piede nel passato ma l’altro nel nostro futuro.

1) L’abbandono del partner storico, SNAM/ENI, che ha contribuito in maniera così determinante a dare alla Città l’immagine che ha oggi.

2) Quella che si chiama “l’inquietudine” che ha sempre caratterizzato la Città sin dagli anni cinquanta e che crediamo sia il suo “imprinting” indelebile.

3) San Donato Milanese ha sempre dovuto farsi carico di problematiche di livello regionale e nazionale per quanto attiene alle grandi infrastrutture di trasporto che insistono sul suo territorio o che sono ad esso adiacenti. Una gestione inadeguata di questi problemi avrebbe frantumato la Città.





1) Lo sganciamento del Gruppo ENI dalla Città
Dopo cinquant’anni di totale immedesimazione dell’ENI con la Città, o almeno quella parte di essa dove insistevano le sue proprietà immobiliari, essa ha deciso di vendere tutto, fabbricati e terreni. Ricordiamo che l’immedesimazione era tale che sono ancora visibili i grandi cancelli d’acciaio con cui SNAM avrebbe potuto chiudere le sue proprietà; ed in effetti li chiudeva questi cancelli, ogni venti anni, per impedire il rischio dell’usucapione. Tutte le Amministrazioni che si sono succedute hanno sempre dovuto difendere con i denti la propria dignità e le proprie prerogative dall’invadenza pianificatrice della SNAM e dalla sua pretesa di ergersi a rappresentante degli interessi generali della Città. C’è sempre stato un equilibrio tormentato ed instabile. Alla fine però i punti di mediazione sono quasi sempre stati soddisfacenti per tutti e nella direzione della qualità. E’ altresì innegabile che le Amministrazioni hanno sempre prestato grande attenzione alle esigenze di sviluppo delle Società dell’ENI che portavano lavoro, benessere, professionalità e cultura. Il confronto con la qualità urbana dei quartieri ENI è stato anche un formidabile stimolo per migliorare la qualità di tutti gli altri quartieri.

Immedesimazione ed invadenza durata mezzo secolo e poi, improvvisamente, il più glaciale disinteresse.

L’uomo è un essere complesso fatto di carne, sentimenti, intelligenza, pensieri, ricordi, affetti, aspirazioni, speranze e quant’altro il buon Dio ha voluto infonderci. La complessa struttura sociale che l’uomo è riuscito a costruire, nel tempo, cerca di regolare ed avere rispetto di quest’insieme di caratteristiche insopprimibili, e non soltanto degli scambi materiali e mercantili tra gli uomini stessi. Anche le legislazioni vigenti sono fortemente impregnate di questi principi. Le rotture improvvise creano sofferenza e contrasti in tutti i campi del vivere sociale. La rottura più terribile è la guerra ma anche l’emigrazione forzata, le separazioni tra coniugi, l’allontanamento dai figli trascinano dolori e sofferenze lancinanti. Risulta perciò difficile capire come ENI abbia potuto pensare di affrontare in modo burocratico e distaccato la chirurgica rescissione dei molteplici cordoni ombelicali con i quali la Città era a lei legata. Nessuno mette in discussione la legittimità delle scelte strategiche di una grande impresa, solo gli azionisti possono farlo, ma non è di questo che vogliamo parlare in questo ambito. Noi crediamo che ENI fosse tenuto ad vere un altro atteggiamento, ENI doveva avere cura della Città che improvvisamente abbandonava, doveva farsi carico dei problemi che lasciava, doveva interpretare le aspettative più sentite dalla Città e cercare di darvi risposta con atti che avessero la forza di sviluppare i propri effetti positivi nel tempo a venire, quando l’ENI non ci sarà più. Non vogliamo fare melodrammi, ma chi è che non si preoccupa del destino futuro di parenti e amici con cui ha vissuto per anni e con i quali ha condiviso gioie e dolori? Tanto più forte è il sentimento di cura e protezione se grande è la differenza, in termini di capacità e di potere, tra chi lascia e chi è lasciato. Tale è il caso di ENI con San Donato Milanese. SNAM sapeva benissimo che, da sempre, le maggiori scelte urbanistiche hanno sempre avuto un forte stimolo ed anche una motivazione profonda nelle esigenze di sviluppo del grande Gruppo industriale di proprietà dello Stato. SNAM conosceva bene i temi sui quali la sensibilità collettiva è più attenta ed avveduta. Pensiamo in particolare all’area del “Pratone” nel centro cittadino e all’area del “Laghetto” ad essa adiacente. Noi crediamo che la cessione al Comune di queste due aree sarebbe stato un atto dovuto. 

Ci sembra sia saggio riflettere sul fatto che “il gruppo ENI/SNAM ha divorziato da San Donato Milanese ma nulla ancora si sa delle reali intenzioni del nuovo amante che la città si è portata in casa”.

Soprattutto non è facile giudicare le sue intenzioni ed essere serenamente fiduciosi in una convivenza, anche movimentata, ma duratura.

Coloro che hanno acquistato le proprietà immobiliari della SNAM a San Donato Milanese hanno comprato gran parte della Città (qualche sentimentale potrebbe dire che “si sono impossessati della sua anima”).

Non è un mistero per nessuno che San Donato Milanese si è connotata nel dopoguerra come la città dell’ENI e che questo grande Gruppo Industriale, di proprietà dello Stato, è stato capace di qualificare la sua presenza sul territorio con lungimiranti soluzioni urbanistiche e con pregevoli interventi edilizi. La SNAM, tramite anche i suoi dirigenti, per lo più cittadini sandonatesi, si identificava nella città in cui era insediata e ragionava tenendo conto dei propri interessi industriali ma anche di quelli della città. La critica che le poteva essere fatta era semmai quella di atteggiarsi, spesso, come rappresentante degli interessi generali del Comune in concorrenza o al posto dei legittimi Amministratori democraticamente eletti.

Chi non ricorda le battaglie decennali su questo punto di frizione, tra chi veniva accusato di osteggiare pregiudizialmente la SNAM e chi di converso veniva ritenuto suo suddito!? I difficili punti di mediazione che è sempre stato necessario ricercare, da parte di tutte le Amministrazioni - di destra, di centro e di sinistra!? I rimproveri di paternalismo che venivano rivolti a SNAM per le sue autonome iniziative sociali a favore dei propri dipendenti: le case aziendali, il centro sportivo, il centro medico, la bocciofila, gli orti, le colonie estive ed invernali, i centri vacanza, le borse di studio, ecc. ecc.!?

Tutto questo ha permeato e influenzato a fondo la nostra città e la sua società, per più di quarant’anni.

Certo, è sempre stato presente il rischio che una parte della città si sentisse messa ai margini, che Metanopoli venisse percepita come un (privilegiato) corpo estraneo al resto della città.

E’ pur vero però che questa tormentata dialettica ha sempre rappresentato anche un formidabile pungolo per tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute, spronandole ad un’opera di riequilibrio dell’intera città in termini di qualità urbana e di servizi. Le cose belle e funzionali dei “privilegiati” diventavano l’esempio da imitare e per quanto possibile migliorare. Ne è scaturita una costante virtuosa competizione tendente al meglio: sono nati i nuovi quartieri ed i nuovi servizi (scuole, asili, biblioteca, pinacoteca, centro anziani, servizi domiciliari, piscina, campi sportivi, ecc. ecc.), la città ha vissuto una crescente integrazione fisica, sociale e culturale.

Inoltre, un proficuo rapporto dialettico tra Comune e SNAM ha consentito di far fronte a problematiche infrastrutturali, di portata sovracomunale, che avrebbero potuto stravolgere o distruggere il tessuto urbano della nostra città e la qualità della vita in essa: autostrade, svincoli, ferrovie e stazioni ferroviarie, metropolitana, strade statali, aeroporto, canale Redefossi, depuratori, ecc. ecc..

Come si è detto, tutto ciò è scaturito anche grazie al fecondo confronto (spesso duro e complesso) tra Comune e SNAM, ma tale competizione non avrebbe partorito nulla di buono se al fondo degli atteggiamenti dei due contendenti, necessariamente distinti per ruolo e responsabilità, non ci fosse stato il reciproco sincero immedesimarsi nei destini della comune Città di appartenenza.

Con la decisione ENI/SNAM di vendere tutto il patrimonio immobiliare, di questo complesso e ricco tessuto di rapporti non restano che macerie!

Il Partner del contraddittorio, del confronto, dello scontro, dell’accordo solidale se ne è andato e non esiste più, almeno come tale!

Al suo posto c’è un nuovo acquirente che di sicuro ha un nome ma non ha una faccia identificabile!

E di certo non ha, non potrà mai avere, le mille facce dei dipendenti ENI/SNAM che in qualche modo influivano sui comportamenti e sulle decisioni del Grande Gruppo industriale e le decine di facce di quelli che, nello stesso Gruppo, avevano invece veri compiti e responsabilità di direzione e decisione.

Non stiamo incitando alla commiserazione e al rimpianto, sappiamo bene che non si deve piangere sul latte versato… non serve a nulla.

Crediamo si debba però avere consapevolezza delle cose e pensiamo, soprattutto, che non ci si possa esimere dall’esaminare con grande attenzione i passaggi epocali (senza esagerazioni, per la realtà di San Donato siamo in uno di questi momenti), per tentare di interpretarne le dinamiche e di guidarne l’evoluzione.

Per non apparire generici, elenchiamo alcuni dei titoli che debbono restare sotto stretta osservazione ed essere approfonditi:

- Le pendenze con SNAM/ENI.

- Le strategie industriali della Nuova proprietà.

- La sua reale volontà di restare durevolmente in loco e di non frammentare le proprietà.

- La sua concreta disponibilità a mantenere fede a tutti gli impegni che SNAM si era assunta nei confronti della collettività sandonatese.

- La sua capacità di essere interlocutrice credibile sulle scelte strategiche e di sviluppo della Città.

- La decorosa manutenzione e pulizia del verde, delle strade e dei marciapiedi su tutto il territorio.

- Le modalità di prelievo delle risorse aggiuntive per far fronte ai nuovi compiti di manutenzione e pulizia.

- Le modalità di gestione del Centro Sportivo e il reperimento delle risorse necessarie al suo funzionamento.

- Ecc. ecc.

L’approfondimento ci sembra sia compito prioritario delle forze politiche di San Donato Milanese, innanzitutto, ma anche del ricco tessuto di associazioni culturali, sociali e religiose e, perché no, dei singoli cittadini che siano desiderosi di dare un contributo in tal senso.

Si rende quindi necessaria la delicata messa a punto di una griglia all’interno della quale collocare i rapporti intercorrenti tra la Città di San Donato Milanese e la Nuova Proprietà dei beni mobili e immobili ex ENI-SNAM. Non sarà cosa di poco conto costruire un nuovo tessuto di fiducia e di relazioni proficue basato su concretezza operativa ed improntato a sintonia culturale.

Gli estremi dell’ambito in cui si colloca la problematica da noi delineata ci sembrano sinteticamente i seguenti:

1) Bisogna evitare di considerare la Nuova Proprietà un nemico.

2) Occorre rafforzare in misura consistente l’autonoma capacità di governo dell’Amministrazione comunale.



La questione di fondo ci sembra sia questa: “Il Comune ha gestito in modo adeguato il passaggio epocale della vendita del patrimonio immobiliare della SNAM?”

Premesso che si trattava di una situazione inusitata, difficile e complessa, ci sembra si possa dire che il limite del Comune è stato quello di non ricercare una chiave interpretativa di carattere generale. I temi sono dunque stati affrontati, frammento per frammento, in ordine sparso e si è perso il quadro d’insieme delle rispettive ragioni delle parti coinvolte e dei rapporti di forza in campo (effettivi e potenziali).

La domanda che viene subito dopo è la seguente: “A questo punto, è possibile rimediare?”

Continuiamo a credere che sia possibile, almeno in parte.

Il modo migliore per tentare questo recupero è quello di prendere per le corna i problemi aperti che sono oggi sul tappeto.

Elenchiamo quelli che ci sembrano più caldi e densi di implicazioni:

- Pratone centrale: l’approvazione definitiva del Piano Particolareggiato è stato un gravissimo errore. Le concrete possibilità di modifica sono oggi molto più difficili se non addirittura precluse. 

- Torri Lombarde: in un serrato confronto con vecchia e nuova proprietà, deve trovare soluzione il problema degli oneri impropri che sono stati attribuiti ai condomini del quartiere.

- Espropri aree di edilizia economica e popolare: la transazione raggiunta è non gestibile, sia per l’entità globale della cifra pattuita sia per la mancata definizione di obbiettivi criteri di ripartizione della stessa. Il tema va ripreso in mano con maggiore calma e andrebbe ridiscusso con la proprietà.



2) L’inquietudine della Città
Lo sviluppo irruento degli anni cinquanta e sessanta non poteva che creare inquietudine. Gente che veniva sradicata dal proprio paese e si trovava a vivere e lavorare in una Città in formazione dove nulla era riconoscibile e richiamava ricordi. Dove l’esiguo nucleo storico era talmente ridotto da non essere in grado di assorbire e assimilare questa massa di gente con culture ed abitudini così diverse. L’imprinting dei nuovi venuti furono dunque l’inquietudine, le forme che si stavano edificando e i pochi resti del passato: i palazzi di vetro dell’ENI, il villaggio nel verde di Metanopoli, da un lato, e dall’altro le costruzioni aggrovigliate e semplici di Certosa, il lungo stradone di Via Di Vittorio al di là dell’Autostrada e della Ferrovia, i rimasugli della presenza contadina a Poasco – Sorigherio. Sono naturalmente intervenuti numerosi adattamenti, modifiche, migliorie, pensiamo quindi anche al Concentrico, Via Europa, via Kennedy, Via Morandi. Nelle forme c’è però un imprinting che accomuna tutti ed è quel grande spazio vuoto nel cuore della Città, questa grande occasione, impensabile in una Città storica. L’inquietudine ha anche altre ragioni connesse alla collocazione geografica di San Donato e all’ambiente lavorativo che vi si è insediato. La vicinanza di Milano attrae e sposta molti degli interessi legati al vivere quotidiano, penso allo shopping, al cinema, al teatro, alle manifestazioni sportive, alle tante occasioni d’incontro culturale. Chi cerca una piazza la trova già pronta al Duomo o a Lodi. L’immediata accessibilità delle formidabili strutture di trasporto rendono agevole il fine settimana sul lago, in Liguria, sulle Alpi, sugli Appennini o la serata a Bergamo alta, piuttosto che a Crema o Vigevano o Pavia. Diremmo quasi un’inquietudine legata al movimento, alla facilità di reperire altrove tutto quanto si voglia o si desidera. Ci sono poi le quotidiane presenze di migliaia di impiegati, tecnici, professionisti che ogni giorno vengono qui a lavorare. E’ un fiume di giovani e meno giovani che stanno qui generalmente soltanto durante le ore di lavoro, che a mezzogiorno sciamano nei diversi ristorantini, pub, bar, trattorie a mangiare un boccone, che si incontrano, parlano, si interrogano, si fidanzano. Inconsapevolmente portano e comunicano modelli di vita e modi di pensare anche molto differenti, che in qualche modo rimangono attaccati alla Città. Taluni vengono da lontano e si fermano per tutta la settimana per ritornare a casa il week-end. Altri si sposano e iniziano a risiedere. Nello stesso tempo i più vecchi quelli che vennero qui quarant’anni fa sono andati in pensione e molti di loro sono ritornati al paese d’origine, in via definitiva o per lunghi periodi di tempo. Abbiamo appreso che dall’ultimo censimento gli abitanti a San Donato sono 31.000, duemila in meno di dieci anni prima. Sembra incredibile se guardiamo a tutte le case che nel frattempo sono sorte, in particolare a Bolgiano e alle Torri Lombarde. Sembrerebbe che le nuove immissioni siano state veramente poche e che tutto sia avvenuto all’interno con una pura e semplice moltiplicazione dei nuclei familiari: i figli che vanno a vivere per conto loro o che si sposano con altri giovani del luogo. Ci sembra troppo semplice, pensiamo piuttosto ad un fenomeno molto più complesso, segnato da una forte mobilità in entrata ed uscita, trasversale. Gli ultimi dati sulla presenza di cittadini stranieri segnano invece un forte incremento. Chissà quali e quante inquietudini in questo mondo che conosciamo così poco! Adoperiamo la parola inquietudine non in accezione negativa ma per dare il senso di un corpo giovane che non è ancora giunto a maturazione e che ricerca, che non si accontenta, che non ha alcuna certezza dell’approdo a cui tende. Uno stato materiale e dell’anima ricco di potenzialità e di fermenti ma anche di incertezze, dove gli scarti possono essere repentini e radicali.

Crediamo che questa caratteristica - dell’inquietudine come imprinting - segnerà ancora a lungo la realtà di San Donato.



3) Le grandi infrastrutture di trasporto
San Donato è un esempio unico in Italia e in Europa; non esiste Città di dimensioni analoghe così dotata: Autostrade, Tangenziali, due Strade Statali (Emilia e Paullese), due linee Ferroviarie (MI – BO e MI - GE) e due stazioni ferroviarie metropolitane, la Stazione della MM3, l’Aeroporto di Linate, il Fiume Lambro, due Canali storici (Redefossi e Vettabia), uno Scolmatore, un Canale virtuale (il Canale Navigabile).

Pachidermi di queste dimensioni seguono necessariamente logiche di rilevanza metropolitana, regionale, nazionale, internazionale. Essi sono inoltre gestiti da Istituzioni ed Enti aventi peso ed importanza incomparabilmente superiore a quella di un Comune delle nostre modeste dimensioni: Comune e Provincia di Milano, Regione Lombardia, ANAS, Società Autostrade, Ferrovie dello Stato, Magistrato del Po, Governo Nazionale. Negli ultimi cinquant’anni questi pachidermi sono cresciuti e si sono mossi con tutta l’irruenza delle loro dimensioni. Tutte le Amministrazioni che si sono succedute hanno dovuto fare i conti con loro, le tensioni sono state a volte di grande intensità. Basti pensare ai problemi scatenati dal quadruplicamento della linea ferroviaria MI – BO, fu necessario abbattere un’intera fila di case lungo la via Greppi a Certosa. Oppure guardare ai lavori in corso ancora oggi tra Poasco e Rogoredo per lo spostamento della linea ferroviaria MI – GE. Non è il caso di fare altri esempi ma siamo pronti ad elencarli anche in dettaglio. I pachidermi avrebbero potuto disintegrare la Città ed invece sono sempre stati domati e gestiti, grazie al buon senso di tutti gli Amministratori succedutisi ma anche, bisogna dirlo, alla formidabile sponda che si trovava nel Gruppo ENI. Questo potente Ente di proprietà dello Stato, avente prestigio internazionale ed una straordinaria forza di pressione a livello governativo. Molto spesso, attorno a questo tipo di problemi, gli interessi della collettività e quelli dell’Eni si sono trovati ad essere oggettivamente convergenti. Pensiamo a quale potrebbe essere la situazione di San Donato se non fosse stato possibile creare un nuovo ramo dell’autostrada del Sole, se non fosse stato possibile raddoppiare la strada Paullese, se non fosse stato possibile accedere alla Stazione della MM3, se non si fosse coperto il Redefossi, se non fosse stato sconfitto il tentativo di costruire un enorme parcheggio per i TIR nell’area San Francesco, ecc. ecc.!



Vediamo in dettaglio alcune problematiche del traffico nel Sud/est di Milano:
(San Donato, Peschiera, San Giuliano, Melegnano)

1) MM3: il prolungamento della linea Metropolitana deve essere realizzato lungo un tracciato che consenta di servire le grandi concentrazioni residenziali ed impiegatizie di San Donato Milanese, di essere utile anche alla Città di San Giuliano Milanese e di raggiungere Peschiera Borromeo.

2) Per eliminare gran parte del pesante traffico veicolare di transito - proveniente da sud lungo le strade statali Paullese ed Emilia e destinato a confluire sulla tangenziale autostradale - occorre deviarlo, prima di Melegnano, su una nuova tangenziale esterna, la cosiddetta “Cerca”, al fine di scaricare il traffico verso nord direttamente sull’autostrada per Venezia e quello verso sud sull’autostrada per Genova (strada Binaschina).

3) Per eliminare gran parte del traffico di pendolari provenienti da sud lungo la strada statale Emilia occorre liberalizzare l’ingresso nel tratto dell’Autosole tra Melegnano e Milano al fine di agevolare l’uso del tratto autostradale e quindi l’alleggerimento dell’Emilia nei tratti urbani delle Città di Melegnano, San Giuliano e San Donato.

4) Ai cittadini di San Donato Milanese deve essere consentito di uscire dalla città e di immettersi sulla Paullese e sulla via Emilia senza pericoli ed eccessive perdite di tempo. Per ottenere questo risultato occorre risolvere tre nodi:

a) accesso alla Paullese in prossimità della stazione della MM3: chiudere l’attuale incrocio semaforico di via Moro (mantenendo la sola svolta a destra e realizzando un sovrappasso ciclopedonale) e garantire l’accesso all’esistente rondò, collocato al di sotto della sede stradale, attraverso una apposita strada che penetri da via Marignano nell’area della metropolitana in Comune di Milano;

b) accesso alla Paullese in prossimità di Peschiera Borromeo: chiudere l’attuale incrocio semaforico di via Gela (mantenendo la sola svolta a destra e realizzando un sovrappasso ciclopedonale) e garantire l’accesso all’esistente rondò di Peschiera anche attraverso la realizzazione di un’apposita strada all’altezza del cimitero che scavalchi il fiume Lambro e si connetta con la strada proveniente da San Giuliano;

c) accesso alle autostrade e alla stazione MM3 sul versante della via Emilia: ridisegnare e ristrutturare tutto il sistema viario in questo aggrovigliato nodo stradale ai confini di Milano in località San Martino per consentire un razionale deflusso dei veicoli.

5) Occorre ottenere la rapida apertura della Stazione Ferroviaria adiacente al Quinto Palazzo Uffici e che vi sia garantita la fermata dei treni locali durante tutte le ore del giorno ed in particolare durante le ore di inizio e fine lavoro; questa semplice misura consentirebbe a numerose centinaia di impiegati di raggiungere il proprio ufficio senza utilizzare l’autovettura.

6) Sulla falsariga di quanto sta accadendo a Malpensa dovranno essere trovate forme di compensazione che consentano la realizzazione di interventi antirumore, senza onere per i proprietari, nelle abitazioni coinvolte dal passaggio degli aerei in atterraggio ed in decollo a e da Linate.

L’insieme dei problemi descritti dovrà essere affrontato in stretto rapporto e con il fondamentale contributo delle rappresentanze democratiche dei Comuni interessati, a partire dai loro Sindaci.

Come guardare al futuro
Lo sguardo al passato è doveroso, non per rimpiangere ma per cercare di costruire con maggiore consapevolezza il futuro, per attrezzarsi adeguatamente.

Una costante attenzione a quelli che abbiamo definito i pachidermi e che sono le grandi infrastrutture di trasporto, potenti fattori di successo ma anche potenziali, devastanti pericoli.

La capacità di relazionare con tutti i grandi Enti sovracomunali anche in assenza della sponda dell’ENI.

Consapevolezza che i partners immobiliari saranno sempre più frantumati e con obbiettivi imprenditoriali di breve periodo.

Necessità di ripensare in questa luce le scelte di pianificazione territoriale e quindi attrezzarsi per una revisione generale del Piano Regolatore.

Individuare modi e forme per assicurare la pubblica disponibilità del “pratone” e del “laghetto”, anche con una rimessa in discussione degli accordi con ENI.

Avere sempre ben presente l’anima profonda della Città, cercare di capirla, senza banalizzazioni, pensando in grande, per cercare di corrispondere ad esigenze che abbiamo visto quanto siano complesse e come non siano comprimibili in schemi precostituiti.



































Come rinvigorire le Istituzioni e la Partecipazione Democratica


1) Gli specialismi e la crisi dei Partiti

Si è ampiamente diffuso in questi anni l’andazzo di scegliere gli amministratori, decantandoli, tra i managers, i tecnici esperti, i professori o quant’altro dir si voglia per designare non un cittadino qualsiasi, capace di riscuotere la fiducia di un certo numero di persone, ma il sapiente che ha in mano tutti gli strumenti di conoscenza e d'interpretazione di una società moderna (o almeno dovrebbe averli). Solo per fare alcuni esempi, basti pensare ai molti parlamentari o alla schiera di Sindaci che sono stati ricercati tra i professori universitari, i dirigenti d'impresa, i magistrati, i giornalisti, gli intellettuali più o meno alla moda, ecc.

Ci permettiamo di dire che una situazione siffatta non lascia presagire nulla di buono per il futuro.

Ci sembra infatti preoccupante teorizzare che solo essi abbiano le qualità e le competenze per tali incarichi e, ancor peggio, lasciare che questo luogo comune si affermi nell'opinione pubblica. Intanto per la banalissima considerazione che non è detto che chi sa fare bene un determinato lavoro sia poi in grado di fare altrettanto bene anche qualcos'altro.

I1 punto di fondo su questo tema è però, secondo noi, di ben più ampia portata. 

Se si afferma definitivamente l'idea che a governare la politica debbano essere gli specialismi scientifici come sta largamente passando, pure nella sinistra, avremo sempre di più un popolo che si affida, non solo nella vita quotidiana, ma anche nella gestione della cosa pubblica, a saperi che non conosce e che non è in grado di giudicare e controllare e si affermerà così, sempre più, un'idea della politica e della pubblica amministrazione come "misteriosa sfera tecnica per iniziati". Non sta forse anche qui una delle ragione della disaffezione al voto di un sempre maggior numero di persone? Quando c’erano radici nella società, tendenze di questo tipo erano percepite in anticipo. 

Questa idea specialistica ed efficientistica (quando non si tratti di pura e semplice immagine soltanto: se uno non fora il video non può sperare di vincere il confronto elettorale) reca in sé anche un'altra grave distorsione, in quanto comporta, implicitamente, l'abbandono del principio che la Struttura Burocratica dello Stato debba essere efficiente di per sé stessa e non perché c'è il politico onnisciente di turno. Infatti, se i Ministri o i Sindaci debbono fare ciò che sono deputati a fare i Funzionari dello Stato, quale sarà il compito di questi ultimi? Peraltro quest'idea specialistica è anche in contraddizione con tutta la congerie di leggi ‑ che, in maniera certo confusa e spesso pasticciata oltre che contraddittoria, il parlamento ha sfornato in questi ultimi anni in tema di riforma della pubblica amministrazione ‑ miranti, almeno sul piano delle dichiarazioni scritte, ad una netta distinzione tra i poteri di indirizzo e di controllo degli amministratori eletti dal popolo e i poteri esecutivi della struttura burocratica.

Una concezione elitaria come quella enunciata corre il rischio, invece, di essere veramente devastante, sul piano dei fondamentali principi politici, quando fa smarrire i1 senso vero della rappresentanza democratica e della sua funzione, che secondo noi dovrebbe consistere nell'esprimere, al più alto livello di consapevolezza possibile, i bisogni, le esigenze, le aspirazioni collettive della società e dei singoli, in particolare quelli più bisognosi di aiuto e solidarietà. Quando più avremo un operaio, un semplice impiegato, un artigiano in ruoli pubblici elettivi rilevanti se passa definitivamente il principio che occorre essere laureato ed aver fatto chissà quanti masters in Inghilterra o negli Stati Uniti per accedervi?

Su un punto crediamo non si possa derogare: colui che viene eletto deve essere certamente frutto di una vera selezione e di una vera scelta democratica, il suo scopo deve essere quello di rappresentare davvero i suoi elettori e di essere capace, con il buon senso prima di tutto, di interpretare i loro bisogni; se ci sono queste premesse, allora capacità, esperienza, cultura personale saranno qualità aggiuntive importanti. Ma non può essere il contrario!

Di questo essenziale processo democratico sono però state distrutte le fondamenta con la distruzione dei partiti e della loro credibilità. Su questo punto il discorso si farebbe lungo e non può certo essere affrontato in questa sede, ci limiteremo quindi ad alcune affermazioni che per forza di cose potranno apparire trancianti e scarsamente argomentate. I partiti ‑ come li abbiamo conosciuti dal dopoguerra a qualche anno fa ‑ con tutti i loro difetti e deviazioni, rappresentavano però un grande strumento di massa per la discussione di temi politici e per la selezione dei gruppi dirigenti; tali partiti non esistono più e non si è trovato ancora con cosa sostituirli. Questa assenza di strumenti di partecipazione regolata crea un vuoto di democrazia e un terribile senso di impotenza. Il vuoto, com'era inevitabile, è stato riempito dai piccoli apparati residuali, di ciò che resta dei partiti, che decidono in maniera assolutamente irresponsabile delle candidature per le cariche istituzionali senza doversi confrontare praticamente con nessuno. Paradossalmente, la crisi dei partiti ha moltiplicato a dismisura i partiti stessi e li ha resi più autonomi ed indipendenti da qualsiasi controllo democratico. Siamo così arrivati alla pretesa di ogni singola personalità di avere a disposizione un proprio partito o movimento (che fa più fine) e siamo quindi al classico cane che si morde la coda: la partecipazione democratica è ridotta al lumicino, decidono quindi in pochi chi debba rappresentare le istituzioni, proprio per questo le istituzioni non si riformano per favorire la partecipazione e quindi la partecipazione continua a languire.

Certo, è vero che, per fortuna, nella società si sono nel frattempo moltiplicate anche le forme associative più svariate ‑ in campo culturale, assistenziale, ricreativo e quant'altro ‑ ma ci sembra si possa dire che non è stato ancora trovato il modo giusto per fare assolvere loro funzioni di dibattito generale e di selezione dei candidati a ricoprire incarichi elettivi nelle Istituzioni.

Naturalmente, non abbiamo ricette in tasca per indicare soluzioni mentre abbiamo invece un timore: la debolezza strutturale dei partiti, in particolare a livello locale, li rende facilmente conquistabili da ristretti numeri di persone, coese, intenzionate a raggiungere, a qualsiasi costo, la possibilità di determinare le proposte di candidature per le elezioni amministrative locali e quindi conquistare posizioni di comando nelle istituzioni.

Per non apparire eccessivamente pessimisti, diciamo però anche che intravediamo una via d'uscita ma dobbiamo pure rilevare che essa, allo stato dei fatti, ci sembra del tutto teorica. Si tratterebbe di trovare, e definire per legge, precise norme istituzionali che garantiscano la possibilità, a entità consistenti di persone che dichiarano un certo orientamento politico, di proporre rose di candidati sulle quali debba poi svolgersi una regolata ed ufficiale consultazione preventiva, dalla quale scaturiscano le composizioni delle liste, che dovranno infine essere sottoposte al vaglio dell'elettorato complessivo. In poche parole, e solo per intendersi, "le cosiddette primarie" ma fatte in modo serio ed istituzionale e non quel simulacro che abbiamo conosciuto in questi anni quando i partiti hanno inteso, a fini spesso demagogici o di lotta interna, adottare questa misura autonomamente e senza vincolo alcuno, se non quello delle beghe interne d’apparato.



2) Come costruire i Gruppi Dirigenti

Appare del tutto evidente che se è vera la situazione appena descritta è difficile trovare qualcuno che insegni a qualcun altro a governare con buonsenso. Non esiste più una scuola di fatto, si è dissolta una tradizione, non esistono maestri riconosciuti che facciano d'esempio con il loro prestigio discreto e i loro comportamenti concreti (se non si vuol prendere come riferimento certi Sindaci che fanno del loro ruolo esclusivamente una questione di “appeal” personale). Non vogliamo dire, con questo, che in passato le cose fossero molto diverse ma oggi, in peggio, manca quel minimo di tessuto connettivo che consentiva comunque uno scambio di esperienze ed una qualche solidarietà tra aree politiche omogenee, nonché tra generazioni. 

Eppure il bisogno di apprendere è sempre molto forte e attuale. 

Pensiamo all’articolazione strutturale di un Comune, che rappresenta in piccolo la complessità dello Stato (a parte la Difesa, la Giustizia e gli Affari Esteri). 

Molte sono le cose di cui si occupa un Comune, anche il più piccolo, vediamole: i servizi sociali alla persona, il sostegno all'istruzione, l'ambiente, l'urbanistica, i lavori pubblici, le politiche per il lavoro/i giovani/le donne/gli anziani/l'associazionismo, la sicurezza dei cittadini, la cultura, il tempo libero, il bilancio delle entrate e delle uscite, il commercio, le imposte e le tariffe, il funzionamento degli uffici, la gestione del proprio personale, ecc.

Non richiamiamo questa complessità per pedanteria o per riferirci alla necessità di essere specialisti, saremmo in contraddizione con quanto dicevamo prima, ma per evidenziare la vastità dei temi cui l'amministratore pubblico deve fare riferimento e la complessità degli equilibri che deve essere capace di definire tra i vari argomenti, in funzione delle esigenze di un ben determinato contesto cittadino e delle risorse disponibili, che non sono mai illimitate.

Occorrerebbe riuscire, in qualche modo, a dare in anticipo questa consapevolezza agli amministratori! E cioè che non si tratta di inventare tutto di sana pianta, che ciò che esiste ha già funzionato e svolto, bene o meno bene, i suoi compiti, che tutto è perfettibile ma non è detto che sia necessario adoperarsi per perfezionarlo a discapito di energie sproporzionate e di risultati incerti, che ciò che conta è definire scale di priorità nell'uso delle risorse, siano esse finanziarie o umane, che occorre indicare ai funzionari non come fare il proprio mestiere ma linee di indirizzo prioritarie, che su priorità e linee d'indirizzo occorre trovare strumenti ed occasioni di costante controllo e di eventuale rettifica degli obbiettivi dati, che si deve poter raccontare ai cittadini queste cose con parole semplici e dirette e con pochi dati numerici significativi.

Ci sembra di poter constatare che le cose non stanno così! Accade invece che gli Amministratori sono portati a credere che sia necessario imparare in pochi mesi cose che richiedono anni di esperienza e di studio e perciò si affannano, si adoperano a tentare di fare ciò che è compito dei funzionari, con senso di frustrazione, per loro che possono non avere gli strumenti culturali e professionali idonei e per i funzionari che si sentono esautorati e dequalificati. Ne possiamo fare colpa ai singoli amministratori? Non crediamo! I1 cittadino eletto viene sbattuto in un ruolo ma ha solo una pallida idea di che cosa egli debba fare, di come sia strutturato un Comune, di quali siano i meccanismi organizzativi della macchina comunale, della selva di leggi (tra cui quelle penali) a cui è soggetta l'attività amministrativa. Sa solo che deve fare qualcosa e si adatta a fare la gestione che è la cosa che gli appare più semplice e di immediata comprensione, non programma, invece, e non controlla in modo efficace, né spesso saprebbe come fare, se pure ne avesse l'intenzione. E questo è purtroppo uno schema comportamentale che si ripercuote anche nei rapporti tra Istituzioni di diverso livello: spesso Regioni e Province finiscono per interferire con le cose che dovrebbero essere di esclusiva competenza comunale, in una corsa insensata all’appiattimento verso il basso.

Questo tipo di problemi sono sempre esistiti, anche nel passato, ma ora vengono enfatizzati dall'assenza di idee e progetti generali, elaborati da movimenti politici reali, che facciano da sfondo e da guida all'operare degli amministratori locali. Per fare soltanto alcuni esempi, che forse spiegano ciò che si intende dire, ricordiamo alcune cose importanti che vennero impostate nel passato dagli Enti Locali proprio perché questi avevano alle spalle un'elaborazione più complessiva della società politica e perché questi temi erano frutto di un dibattito, e spesso di uno scontro anche aspro, che coinvolgeva gran parte delle forze vive del paese, ne citiamo alcuni: l'intensissima edificazione di case nel dopoguerra, per ospitare l'emigrazione al nord, e negli anni del boom economico, lo sviluppo delle costruzioni scolastiche per facilitare una diffusione della scolarizzazione di massa, la creazione degli asili nido per consentire alle donne di potersi esprimere anche nel lavoro, le prime leggi sulla programmazione urbanistica del territorio per favorirne la tutela ed uno sviluppo ordinato, le politiche sui trasporti pubblici urbani e sulle infrastrutture di trasporto a carattere comprensoriale, le politiche per gli anziani ed i portatori di handicaps, ecc.

Oggi non si vedono e non si sentono proposte che abbiano una simile potenzialità di dispiegamento e una tale carica propulsiva per lo sviluppo delle attività economiche e della condizione sociale. Ma la responsabilità di ciò non può essere attribuita ai singoli amministratori bensì, come abbiamo già detto, alla mancanza di ipotesi generali elaborate dalle forze politiche ed all'assenza di credibili quadri di riferimento governativi.

Eppure i temi di carattere generale non mancano, pensiamo in particolare all'immigrazione extracomunitaria.

In definitiva, secondo noi, gli amministratori locali sono più soli che mai!

Paradossalmente la stessa legge che consente l'elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia e, ora, anche del Presidente della Regione enfatizza questo isolamento. Sono eletti dal popolo, hanno un formidabile mandato che li rende autorevoli e potenti ma hanno le gambe d'argilla perché non poggiano su nulla, se non la loro buona volontà, non hanno con chi confrontarsi alla pari e a chi rendere veramente conto, i Consigli sono sempre più luoghi inconcludenti dove di tutto si discute fuorché di cose concrete (e tanto più il Comune è grande tanto più ciò è vero perché il tessuto sociale è più sfilacciato e vengono a mancare anche le occasioni d’incontro). Noi siamo sempre stati fautori di Esecutivi con forti poteri decisionali ma è buona norma che questi siano bilanciati da altrettanto forti ed autorevoli funzioni di indirizzo e di controllo, se si crede ancora nel confronto costruttivo delle idee e non ci si illude di poter attribuire al singolo, pur prestigioso, improbabili poteri taumaturgici.

Ecco quindi come ci appare la situazione: assenza di elaborazione collettiva, Sindaci soli e con il rischio che un po' si montino la testa, aspettative di massa che andranno prima o poi deluse creando ulteriore sfiducia nella democrazia e nella partecipazione.



3) Le Capacità Amministrative e la loro trasparenza
Vogliamo riferirci innanzitutto ad alcuni schemi comportamentali che coinvolgono gli Amministratori e ne condizionano la psicologia e di conseguenza le azioni.

Pensiamo al rischio, a cui abbiamo già accennato, di montarsi la testa. E' umanamente comprensibile che il vincitore di una libera competizione elettorale, che spesso avrà avuto i caratteri di una vera e propria battaglia, si senta fiero di essere stato voluto dai suoi cittadini e senta forte l'impegno che ha direttamente stabilito con essi. Una così forte investitura richiede però un grande senso di equilibrio e la capacità di camminare lungo il sentiero stretto e tortuoso che fa da crinale a due rischi entrambi insidiosi: scendere lungo la china della presunzione e dell'assenza di umiltà non accettando che le idee debbano essere confrontate e discusse (e se del caso cambiate) ovvero precipitare lungo il versante dove si abdica alla responsabilità personale che ci si è assunti verso gli elettori. Questo precario equilibrio viene, peraltro, quotidianamente insidiato da una moltitudine di soggetti che hanno forti e legittimi interessi connessi al concreto agire amministrativo: consulenti di vario tipo su materie diverse, imprenditori, associazioni, cittadini che conoscono i meccanismi della macchina amministrativa e quant'altro. Gli Amministratori in genere non sono pronti a questo vero e proprio assedio. Non mettiamo in discussione la loro onestà e buona fede, vogliamo soltanto dire che non è facile resistere alle lusinghe di chi ti vuole vendere qualcosa ed adopera tutte le arti della seduzione per essere accattivante.

Pensiamo ai professionisti che ti presentano idee e progetti per affrontare e risolvere le problematiche più svariate, agli imprenditori che propongono ipotesi di sviluppo che sono sempre nell'interesse della Città, alle Associazioni che ritengono di essere le sole depositarie del soddisfacimento dei bisogni sociali, ai singoli cittadini più scafati che si presentano come portatori di interessi naturalmente collettivi. È il vecchissimo tema del Principe e dei cortigiani che lo attorniano.

Mentre però il Principe viene cresciuto nel suo ruolo ed è quindi impregnato di esperienza che affina sempre più nell'arco della sua vita, l'Amministratore giunge generalmente impreparato a questa ribalta e corre il rischio di bruciarsi o, nella migliore delle ipotesi, di subire pesanti delusioni.

E' del tutto evidente, ci sembra, che, anche per questo tipo di situazioni, l'assenza di forti strutture di partito complichi la soluzione del problema in quanto vengono a mancare luoghi entro i quali essere costretti a confrontarsi e a ridimensionare il proprio naturale narcisismo.

Come venire incontro agli Amministratori in una situazione simile?

Naturalmente la cosa è complicata e complessa ma qualche idea crediamo sia possibile metterla in campo già sin d'ora.

Pensiamo a modalità di tipo formativo per i futuri Amministratori ed in particolare per i candidati Sindaci.

Potrebbero essere delle scuole, abilitate ad effettuare corsi di studio accelerati (ma ben preparati e significativi) sulle principali materie di interesse e sugli aspetti psicologici e comportamentali a cui abbiamo accennato.

Un'ulteriore possibilità potrebbe essere quella di fare in modo che l'elezione del nuovo Sindaco avvenga tre/quattro mesi prima della decadenza del precedente per consentirne l'affiancamento, in tempi stabiliti, e quindi permettere al subentrante di acquisire piena consapevolezza della situazione e degli atti amministrativi in essere. Naturalmente, in tale periodo, il Sindaco in pectore dovrebbe anche poter visitare liberamente i diversi uffici comunali. D’altra parte è ciò che avviene, ad esempio, con il Presidente degli Stati Uniti e, per restare in Italia, con quello di Confindustria. Si tratterebbe dunque di dare vita, per Legge, a passaggi di consegna non semplicemente formali ma effettivi, facendo in modo che il testimone venga passato in corsa e quindi che la complessa macchina comunale non perda di velocità ed efficacia nel momento del cambio.



4) Riepilogo e proposte

Riprendiamo brevemente le fila delle cose dette e delineiamo i punti di un embrione di programma d’azione:

- Abbiamo sfiorato il tema del significato e ruolo della Politica e della selezione dei gruppi dirigenti; constatato che la burocrazia viene, in qualche modo, costretta a restare in condizioni di scarsa efficienza; paventato che le rappresentanze democratiche si impoveriscano e diventino elitarie a causa di condizioni ambientali che costringono a privilegiare l’apparenza piuttosto che la sostanza; preso atto della scarsa legittimazione dei Partiti e del fatto che non esistano più sedi di discussione allargata e modalità di selezione dei gruppi dirigenti; constatato altresì che la casualità della selezione rafforza i personalismi ed i piccoli gruppi di potere indebolendo ulteriormente i partiti stessi; considerato che la ricca pluralità di forme associative non riesce a svolgere compiti sostitutivi della politica; auspicato che si arrivi a modalità, garantite per legge, di formazione delle liste dei candidati a cariche istituzionali.

- Ci siamo quindi posto il problema che chi amministra non ha chi gli insegni; ricordato la complessità dei temi che un Comune deve affrontare; abbiamo evidenziato l’opportunità di trovare il migliore equilibrio possibile tra bisogni del contesto e risorse disponibili e dunque l’esigenza che vengano definite scale di priorità, indirizzi e strumenti di controllo; rilevato che l’appiattimento degli amministratori sulla gestione schiaccia l’azione amministrativa verso il basso mentre deresponsabilizza e dequalifica i funzionari; constatato che la mancanza di idee e progetti generali privano gli amministratori di una bussola che sia loro di ausilio per l’attività; ci è sembrato che gli amministratori ed in particolare i Sindaci siano soli e che questa Legge li isoli sempre di più; abbiamo rilevato che la responsabilità che viene loro assegnata può spingerli ad evitare il confronto e la discussione; ci siamo interrogati sulla capacità di pressione degli interessi, nelle varie forme in cui si esprimono, ed abbiamo constatato la debolezza degli strumenti a disposizione degli amministratori per reggere questi assalti; abbiamo richiamato la necessità di corsi di formazione e di una Legge sull’affiancamento dei Sindaci.

Questo accidentato percorso può forse coagularsi in tre ordini di questioni che ci permettiamo di delineare:

1) Crediamo che bisognerebbe sconfiggere culturalmente l’idea che per amministrare si deve essere delle persone molto istruite o di successo. Occorre dunque ritrovare i percorsi della politica, intendendo con ciò il faticoso impegno a capire i bisogni della collettività in cui si opera, a confrontarsi con tutti, a conquistare sul campo la fiducia dei cittadini ed il loro consenso; e quindi trovare nuove forme di selezione dei gruppi dirigenti che siano più trasparenti e democratiche. E’ un percorso che non può che partire dal basso con sperimentazioni concrete in ambiti anche molto circoscritti.

2) Reputiamo assolutamente indispensabile un tessuto sociale che aiuti gli amministratori pubblici a crescere culturalmente e ad appropriarsi di quegli strumenti di base che sono indispensabili per un consapevole svolgimento dei compiti che sono loro assegnati. A tal fine, i Partiti, le Associazioni, la Società nel suo insieme dovrebbero sentire che è loro compito definire orientamenti di fondo sulle questioni che più stanno loro a cuore. Anche qui…, è solo dal basso che è possibile partire - nei partiti e nelle forme associative locali - con un rinnovato gusto ad occuparsi delle cose comuni per tentare di approfondire qualche tema e di proporre qualche idea di soluzione.

3) Ci permettiamo di dire che occorrerebbe, anche, trovare e sperimentare strumenti concreti di formazione per pubblici amministratori e sollecitare disposizioni di riforma sull’affiancamento dei Sindaci. Noi proponiamo l’avvio di un corso sperimentale a San Donato Milanese (senza clamore alcuno, bensì con molta umiltà e senso di misura).

4) Infine, consideriamo indispensabile la sollecita nomina del Garante dei Cittadini, previsto dallo Statuto del Comune ed inspiegabilmente mai nominato.

Espropri aree Legge 167: “Un brutto affare”



La Giunta Comunale di San Donato Milanese, in data 3 gennaio 2002, ha concluso un protocollo di accordo con SNAM S.p.A. sulle indennità da corrispondere per l’esproprio delle aree di Edilizia Economica e Popolare.

Ciò che l’Amministrazione Comunale ha reso pubblico è questo:

1) complessivamente le aree sono pari a mq 331.861 e vengono cedute dietro corrispettivo di lire 23 miliardi. Mediamente il valore di cessione è pari a lire 69.306 al mq.

2) Vi sono pratiche già definite per le quali non è possibile modificare le stime: SD6 Via Moro (con sentenza definitiva pari a lire 58.000 al mq), SD12 Via Spilamberto (con stima definitiva pari a lire 44.344 al mq).

3) Vi sono pratiche per le quali sono ancora in corso le vertenze legali: SD3 Via Maritano, SD7 Via Gramsci, SD13 Via Jannozzi, SD14 Via Gramsci.

4) Vi sono pratiche per le quali non esiste ricorso: SD4 Via Parri, SD 11 Via Moro, SD17 Bolgiano.

5) Alla sottoscrizione dell’atto il CIMEP versa la somma di lire 11 miliardi ed il restante entro 12 mesi nei quali acquisisce le rispettive quote da parte dei 2.100 assegnatari.



È un accordo sbagliato ed ingiusto, per le seguenti ragioni:

- I diversi assegnatari sopporteranno costi differenti: 30.046, 56.760, 58.828, 81.777, 82.125, 90.023 lire al metro quadro.

- La cifra media pattuita (lire 69.306 al mq) è superiore a quanto hanno già deciso il Tribunale ed il Perito, rispettivamente per il lotto SD6 e SD12.

- Il Comune ha trattato direttamente con la SNAM senza preoccuparsi di informare in alcun modo i diretti interessati e di chiedere la loro opinione.

- Tanta fretta solo per fare i comodi e gli interessi di SNAM ed ENI (SNAM si è fusa in ENI il 1 febbraio 2002).

- L’ENI non ha voluto portarsi in casa le rogne Immobiliari di SNAM.

- Con questo accordo si sono tolte le castagne dal fuoco all’ENI e si elargiscono alla SNAM 23 miliardi di lire.

Lo SDI si è fatto carico di informare gli interessati e di stimolare la loro autonoma organizzazione in apposito Comitato.

Seguiremo con attenzione il lavoro del Comitato e gli daremo tutto il nostro appoggio di idee, conoscenze, organizzativo.

Lo SDI crede che sia possibile fare ancora qualcosa per migliorare la situazione fortemente compromessa.

In particolare propone:

1) Il titolo di proprietà deve essere trasformato gratuitamente in “titolo perpetuo” invece che per soli 90 anni.

2) Il Comune deve accollarsi tutte le aree a standard.

3) La gestione delle aree in servitù di uso pubblico deve passare al Comune con i relativi oneri.

Il Piano Particolareggiato del Centro Cittadino – “Il Pratone” ovvero “El Campagnun de San Dunà”



Ci riferiamo al Piano Particolareggiato presentato dall’Amministrazione Comunale, adottato dal Consiglio Comunale in data 22.11.2001 e definitivamente approvato in data 9 aprile 2002. Le critiche di merito:

1) Ci sembra un progetto incapace di salvaguardare gli interessi generali e pubblici e persino quelli immobiliari della proprietà.

2) Ci è apparso molto carente, in termine di trattazione e rappresentazione del tema che si vuole affrontare, e soltanto banalmente ripetitivo di quanto già dettagliatamente prescritto nelle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore.

3) Del parco non si parla che di sfuggita e le scelte edificatorie sembrano del tutto avulse dall’idea, dalla qualità, dal ruolo che al parco si vuole assegnare. Nessuno sforzo viene fatto per definire l’immagine del Parco che si vuole proporre e per individuarne le connessioni con le tipologie edilizie prospettate.

4) Sembra non documentare in alcun modo le ragioni che hanno spinto l’Amministrazione Comunale a farsi carico dell’impegno economico e gestionale relativo alla progettazione urbanistica del Piano Particolareggiato.

5) La valutazione della qualità architettonica del progetto si lascia percepire come deludente.



Detto questo aggiungiamo alcune considerazioni di carattere più generale:

- All’inizio degli anni novanta, la SNAM aveva commissionato a cinque architetti di fama lo studio di soluzioni progettuali per quell’area. Lo scopo era quello di dare un’immagine preventiva di quale sarebbe stata la connotazione dell’area stessa al termine degli interventi edificatori. Uno di questi architetti si chiama Gino Valle, 79 anni d’età - pittore, architetto e designer rinomato – docente presso l’Università di Venezia. In una sua recente intervista ha dichiarato, tra l’altro: “Lo scopo non è progettare. Perché se c’è un equilibrio, la Società produce le sue tracce. ….Oggi il potere non capisce un accidente, il potere non si occupa della città, la gestione della città è in mano alla speculazione e agli architetti, che sono stupidi in genere, senza cultura, senza rispetto, pensano soltanto a fare loro rappresentazioni”. La prima volta che egli venne a San Donato Milanese, incontrò nel pomeriggio la Giunta e la SNAM, in Municipio, dopo aver trascorso la mattina in giro a piedi per le strade cittadine ed aver pranzato, da solo, in una trattoria del concentrico. Disse subito che la cosa più bella che aveva San Donato Milanese era quel grande spazio vuoto collocato proprio nel cuore della Città: evento rarissimo e irripetibile. Lo paragonò al Central Park di New York. I rappresentanti SNAM strabuzzarono gli occhi, fortemente infastiditi. 

- Esigenze di realismo e l’inevitabile condizionamento dei rapporti di forza consentirono di ridurre di non più del 50% le volumetrie precedentemente previste, in quell’area, dagli strumenti urbanistici vigenti (da 275.000 ai 130.000 metri cubi attuali). Per alcuni, era però soltanto un primo importante passo per cercare di tenere quell’area libera da edifici residenziali.

- Dall’estate del 1994, la nuova Amministrazione Comunale proseguì e concluse l’iter amministrativo della Variante Generale del Piano Regolatore, adottato dall’Amministrazione precedente, che si completò nel 1996.

- In quegli anni, le forze politiche e sociali sandonatesi che si richiamano all’ambientalismo furono molto critiche sull’argomento, nonostante il risultato ottenuto (-50% delle volumetrie). Critiche comprensibili ma che non tenevano conto che le riduzioni erano avvenute senza che la proprietà SNAM impugnasse presso il Tribunale Amministrativo Regionale le deliberazioni relative al nuovo Piano Regolatore.

- Più o meno analogo dimezzamento delle volumetrie fu realizzato anche per le aree edificabili attorno al laghetto, anch’esse di proprietà SNAM: aree adiacenti il “pratone centrale” ed in stretta relazione con esso.

- Tra il 1997 e il 1998 venne svolto sull’area centrale uno studio di urbanistica partecipata che coinvolse un certo numero di cittadini.

- Fu quindi promosso un concorso d’idee, per la progettazione della stessa area, che si concluse con un vincitore al quale è stato assegnato l’incarico di predisporre il Piano Particolareggiato in oggetto. Importante e qualificata, si dice, fosse la presenza di SNAM all’interno della commissione giudicatrice.

- Nei dibattiti consiliari sull’argomento, venne più volte esplicitato che una delle più importanti garanzie era data dal fatto che SNAM ed ENI non potevano permettersi di realizzare un brutto intervento in quell’area centrale, in quanto avrebbe significato deturpare la Città in cui si riconoscevano ed immedesimavano e che rappresentava il loro miglior biglietto di presentazione per gli ospiti provenienti in visita dalle diverse parti del mondo.

- Nell’estate del 1999 SNAM rese pubblico che voleva vendere tutte le proprietà immobiliari e quindi recidere i legami storici con la Città di San Donato Milanese.

- La separazione si è definitivamente consumata nei mesi scorsi.



Da questa ricostruzione si ricavano le seguenti constatazioni e valutazioni:

1) Le considerazioni svolte dall’Architetto Gino Valle - e le soluzioni urbanistiche dal lui abbozzate nell’ambito del concorso SNAM – diedero un impulso fondamentale al dimezzamento delle volumetrie e consentirono di realizzare tale obbiettivo evitando un’intransigente opposizione legale di SNAM.

2) Si trattava della prima, seppur parziale, accettazione delle proposte espresse dagli ambientalisti sull’area, cui seguì poi una progressiva e costante maturazione dell’opinione pubblica più allargata.

3) La realizzazione “tout court” di un parco sull’intera area si scontrava, d’altronde, con problemi economici rilevanti e non sostenibili: 20/25 miliardi di costi di esproprio dell’area e qualche altro miliardo per la sistemazione del Parco.

4) Il successivo sganciamento di SNAM da San Donato Milanese avrebbe potuto suggerire (secondo noi: consente ancora) un legittimo ripensamento di quanto previsto in Piano Regolatore Generale, giacché è venuto a mancare l’elemento di garanzia, storicamente provato, che aveva supportato in maniera così rilevante la scelta effettuata.

5) Si è nel frattempo affermata un idea di parco non più intesa come bosco ma come luogo accessibile e fruibile, caratterizzato da ampi spazi aperti, da occasioni di gioco, d’incontro, d’attività sportiva e di svago. Qualche significativa, ma non enfatica, struttura pubblica potrebbe essere lì pensata in quest’ottica.



Tutto ciò premesso, si può affermare che – per l’accresciuta sensibilità ambientale, per le mutate situazioni proprietarie dell’area, per la più diffusa consapevolezza su significato e ruolo di quel grande spazio verde nel cuore della Città e per il tempo trascorso che, quasi sempre, è buon consigliere – è giunto il momento di ripensare completamente il destino di quel vasto spazio, modificando il Piano Regolatore Generale.

E’ questa la ragione di fondo per cui ci siamo opposti al Piano Particolareggiato ed abbiamo considerato la sua approvazione come un grave errore. È questa la principale ragione per cui non abbiamo accettato di appoggiare la Maggioranza Uscente.























































POLITICHE PER LA TERZA ETA’



La “condizione anziana” deve essere presa in considerazione non tanto come condizione anagrafica quanto come quella dell’individuo che si trova a dover affrontare i problemi dell’invecchiamento biologico dopo l’espulsione dal mondo del lavoro ed il conseguente abbandono di ruoli significativi, quindi la condizione anziana deve essere compresa tenendo conto aspetti di prevenzione e di educazione sanitaria, assistenziali, sociali ed economici, promozionali, culturali ed organizattivi.



Tutto ciò permetterà di valutare meglio i momenti di intervento sociale e sanitario (preventivi,terapeutici,riabilititativi,socio assistenziali), con l’intento di privilegiare quegli interventi che consentano all’anziano la permanenza nel proprio ambiente di vita e di lavoro, limitandone al massimo la spedalizzazione e l’istituzionalizzazione, specie se improrpia.



Gli interventi che permettono il miglioramento della qualità della vita dell’anziano non si devono limitare alla realizzazione dei servizi nel settore socio-sanitario, bensì devono comprendere iniziative nei settori dell’azione pubblica che maggiormente interagiscono e concorrono a determinare lo stato di benessere quali:

- il settore della politica previdenziale e della riforma pensionistica

- il settore della politica della casa e dell’assetto del territorio

- il settore della politica culturale, ricreativa e di impiego del tempo libero.



Tutti gli aspetti sopra citati devono essere tenuti presenti nel momento dell’elaborazione dell’intervento socio-sanitario in quanto spesso influiscono sia sulle spedalizzazioni che sui ricoveri assistenziali impropri.



Infatti al progressivo aumento dell’incidenza della popolazione anziana sul totale della popolazione, dovuto essenzialmente all’aumento della vita media ed alla diminuzione della natalità, non ha fatto riscontro un proporzionale aumento della “qualità della vita”, per cui una larga fascia di popolazione ultrasessantenne vive ancora in situazioni di precarietà e di isolamento.



Il rapido mutamento della società, la progressiva diminuzione delle attività artigiane e contadine che permettevano il prolungamento dell’attività lavorativa anche oltre l’età considerata pensionabile,il problema della carenza di alloggi e dell’elevato costo dei canoni di affitto, sono fattori che gravano sulla condizione dell’anziano, contribuendo sempre più a connotarlo come “soggetto di assistenza” anziché come cittadino con pari dignità ed uguaglianza rispetto agli altri cittadini.



La capacità dell’anziano di mantenere un ruolo di attiva partecipazione alla vita sociale passa attraverso il soddisfacimento di una serie di condizioni, quali:

- il mantenimento del proprio livello di reddito

- la disponibilità di alloggi idonei

- la disponibilità di trasporti pubblici, di servizi sociali e sanitari generalizzati ed accessibili

- il mantenimento dei propri interessi professionali e lavorativi, anche oltre l’età del pensionamento.



Gli interventi in questo settore vanno pertanto coordinati al fine di raggiungere l’obiettivo generale che è il vero significato della condizione di “salute” dell’età anziana: il mantenimento del benessere fisico e psichico e la capacità funzionale.



E’ impressione generalizzata che oggi a livello comunale si sia dispersa quella cultura che in passato aveva teso a questo tipo di progetto facendo prevalere aspetti solo di mantenimento di quanto realizzato e burocratizzando i servizi; è quindi necessario pensare ad una politica di interventi che sia in grado di incidere sulle condizioni sopracitate, partendo dal presupposto che la problematica della condizione anziana non può essere affrontata soltanto in termini burocratici di servizi sanitari e socio-assistenziali, ma investendo del problema l’intera organizzazione sociale e culturale del territorio, con profondi mutamenti sia degli aspetti strutturali e organizzativi che dei comportamenti colletivi.



Nel comune è tutt’ora assente l’offerta di servizi residenziali agli anziani non autosufficienti che da tempo attendono una risposta.



Il progetto per la creazione di una struttura mista di assistenza sanitaria e sociale comunale è un obbiettivo forte ed irrinunciabile che la nuova amministrazione comunale deve impostare subito individuandone l’ubicazione che dovrà essere centrale e servita ( area laghetto via Europa – 1° maggio), realizzata con mezzi propri e/o con finanziamenti pubblici, valorizzando l’apporto dei privati e del volontariato laddove comprenda elementi di innovazione e di efficienza ed in modo particolare laddove si caratterizzi dall’assenza del profitto e si basi su forme di solidarietà sociale.



























IL QUARTIERE POASCO/SORIGHERIO



Il PRG di San Donato Milanese prevedeva per la comunità di Poasco un numero di abitanti, già raggiunto, tale da consentire un ammortamento dei servizi fondamentali di una piccola comunità che per localizzazione ha la necessità di essere autosufficiente e di realizzare una propria qualità della vita. Ad oggi questo obbiettivo non è ancora raggiunto e consolidato del tutto.

Lo SDI si impegna ad operare perché l’offerta di Servizi sul territorio di Poasco venga finalmente completata. In particolare ci proponiamo di sviluppare il massimo impegno politico per ottenere:

- Apertura della Stazione Ferroviaria adiacente al Quinto Palazzo Uffici, nel più breve tempo possibile.

- Collegamento con Milano attraverso il prolungamento della linea 77 dell’ATM.

- Istituzione di una linea di “Scuola Bus”, inteso anche come atto di responsabilità civile dell’Amministrazione Comunale nei confronti dei “Cittadini bambini” e dei loro genitori, garantendone il massimo della sicurezza.

- Impegno presso gli Istituti Bancari perché si possa arrivare all’apertura di un Servizio Bancomat.

- Verifica della fattibilità dell’apertura di un “Distributore Automatico” di benzina.

- Vera ed efficace disinfestazione dalle zanzare e la derattizzazione del territorio.

Nel confermare il nostro impegno per la rapida realizzazione di tutti gli interventi già previsti ed in fase di esecuzione (spostamento linea Ferroviaria MI-GE, rifacimento della viabilità Poasco-San Donato, ecc.) vogliamo sottolineare talune priorità:

- Piste ciclabili verso San Donato, Chiaravalle e Viboldone.

- Apertura, limitata e controllata, della strada per San Giuliano Milanese.

- Valorizzazione dell’ambiente naturalistico adiacente alla Cava Tecchione.

- Costante attenzione alle necessità della Scuola locale da coniugare con l’aumento della popolazione tuttora in atto per l’innesto di nuovi residenti. L’ampliamento già realizzato non può essere considerato né esaustivo né definitivo.































SCUOLA-FORMAZIONE-INFANZIA:





Il nostro programma per San Donato riserva un’attenzione particolare e rinnovata alla scuola. Un’istituzione che si rivela cruciale per la gestione delle nuove prospettive sociali ed economiche, imposte dalla globalizzazione al nostro paese e al nostro territorio.

La scuola va intesa nella sua duplice funzione formativa e culturale. La scuola è, infatti, fucina per la creazione di competenze e professionalità in un mercato del lavoro in rapida evoluzione e la comunità educativa più idonea a garantire ai giovani le basi culturali e i valori per essere cittadini coscienti dei propri diritti e doveri nei confronti della collettività. 

Una scuola così intesa rifiuta la contrapposizione tra pubblico e privato e mette al centro del dibattito la formazione e l’educazione del giovane, unitamente al potenziamento della professionalità dei docenti. 

Valorizzare le risorse presenti nel territorio di San Donato significa pensare ad un’Amministrazione Comunale che partecipi più attivamente alle proposte che emergono negli istituti della fascia dell’obbligo e superiore. A questo proposito ricordiamo che tra Omnicomprensivo e Comune deve instaurarsi un vero dialogo, non occasionale, nel rispetto delle rispettive funzioni ed autonomie. Nella città sono presenti scuole d’ogni ordine e grado, capaci di elaborare e proporre progetti finalizzati a migliorare l’offerta formativa nell’ambito dell’obbligo scolastico; esse operano fattivamente per l’integrazione degli stranieri, sono impegnate, in collaborazione con enti e associazioni, alla scommessa importantissima della formazione degli adulti, senza la quale ogni proposta di flessibilità sarebbe da intendersi come una minaccia ai diritti dei lavoratori. Sorreggere la progettualità delle scuole presenti nel territorio, vagliandone attentamente il significato e la ricaduta è compito centrale dell’Amministrazione Comunale. Per questo riteniamo che la scuola debba essere ai primi posti nel nostro programma, che rifugge da ogni intervento demagogico, come i buoni scuola, ma propone un’azione costante, con finanziamenti e collaborazioni progettuali, atta a migliorare la qualità della didattica, la creazione di laboratori, la realizzazione di progetti. L’obiettivo è quello che tutti i cittadini, e con loro la società, possano usufruire dei vantaggi di una formazione veramente capace di sintetizzare competenze professionali e cultura.

Va rivisitata la funzione del Consorzio di Formazione Professionale verificando l’aderenza dei suoi progetti con le reali esigenze del territorio.



L’infanzia

Non bisogna dimenticare, inoltre, nell’avanzare le nostre proposte sulla scuola e la formazione, che nei programmi politici si dà spesso poco spazio all’infanzia. E’ un errore in cui non volgiamo incorrere e pensiamo che al bambino, come all’anziano, vadano dedicate risorse e impegno progettuale. Ma mentre per l’anziano si tratta di intervenire sull’esistente, migliorando ciò che già esiste nel settore assistenziale e del tempo libero, per il bambino occorre pensare alla città con spazi-gioco all’aperto ecologicamente sani e attrezzati secondo le norme di sicurezza, come a strutture pensate per l’infanzia (locali per organizzare feste e riunioni), che abbiano requisiti di funzionalità e che si adattino alle esigenze delle famiglie sandonatesi. 

San Donato Milanese, 26 aprile 2002

 

 

Tutto il materiale presente in questa sezione è stato reperito dai forum di RecSando, dai siti ufficiali dei candidati e dei partiti, dal Comune di San Donato Milanese, da contatti con i diretti interessati. Se ritieni che ci siano errori, modifiche da fare o comunque vuoi intervenire sui contenuti (avendone diritto) scrivi all'Amministratore.

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