FORUM: Varie

25/03/2012 21:12:38 - Modello Tedesco - (Sergio Solimena)
Toccare l'articolo 18 è secondo me un grosso errore e non servirà a nulla.
Se fosse un gioco proporrei questa sfida: chi abolisce l'Art 18 dovrà mantenere la promessa di sviluppo e l'aumento dei posti di lavoro. In caso contrario dovrà riassumere e pagare una forte penale.
Sono convinto che nessuno abolirebbe l'Art. 18 perché questo non cambia le cause della crisi del lavoro e dello sviluppo, ma solo quelle delle profitto a breve termine con nessun vantaggio per la collettività.

Ma non è un gioco e dietro i licenziamenti facili ci sono le persone più deboli ed un peggioramento dei diritti. Licenziare chi non lavora o abusa è infatti consentito, anche se ammetto, non è facile e scontato.

Invece mantenere i diritti e la democrazia nel lavoro significa investire nell'unico fattore produttivo che responsabilizza i lavoratori e favorisce la spontaneità dei processi creativi ed il miglioramento di quelli organizzativi.
Senza questa responsabilizzazione i costi e l'inefficienza aumentano. Basterebbe analizzare, in una azienda grande, quanto sia difficile spedire un pacco e farlo arrivare a destinazione nei tempi giusti per poi usarlo secondo le intenzioni di chi lo ha spedito. Un'etichetta sbagliata o incompleta, una telefonata in meno, un semplice disguido e si rischia anche di smarrire il pacco. Il lavoro di decine di persone è distrutto.
Dunque la responsabilizzazione è importante e non si realizza con un aumento del salario e neppure sedendosi nei consigli di amministrazione. Spesso i più infedeli sono quelli che guadagnano di più.
Credo che la distinzione dei ruoli e delle funzioni, insieme ad una corretta gestione dei rapporti, renda un'azienda coesa e più convita dei propri obiettivi, al di là dei salari che pur dovrebbero esser dignitosi, anche per il rispetto della persona ed il riconoscimento del valore del lavoro.

Il problema vero del lavoro, secondo me è che oggi le condizioni sono mutate profondamente rispetto al passato.
Viviamo in un mercato saturo, a domanda decrescente e costi crescenti per lo sviluppo dei nuovi prodotti. Ed il nuovo è indispensabile per non azzerare la domanda.
L'epoca del colonialismo e dell'acquisto di risorse a bassi prezzi è terminata perché i paesi emergenti sono divenuti ormai dei potenti concorrenti.
La tecnologia diminuisce i tempi ed i costi produttivi e richiede una mano d'opera minore. Ma d'altra parte se si riduce la mano d'opera, e cioè si licenzia, diminuisce il potere d'acquisto e quindi la domanda. Ciò richiede all'azienda un ulteriore aumento nell'uso della tecnologia e una ulteriore riduzione di personale . Ci si avvita così in una spirale che produce la distruzione del lavoro. E noi diventiamo, quelli che ancora riescono a lavorare, il cibo della macchina tecnologica invece che i suoi controllori.

Penso che vedendo il problema in questi termini non ci sia nessuna condizione d'equilibrio tra i fattori produttivi.

Se si vuole creare lavoro è necessario introdurre un termine di regolazione e questo è rappresentato dallo Stato (con le sue articolazioni decentrate). La regolazione consisterebbe nel reinvestire nel mercato i risparmi ottenuti dall'uso della tecnologia, perché altri bisogni dovranno essere soddisfatti. Ciò consentirà la nascita di altre aziende e il riassorbimento garantito dei lavoratori. Perché è necessario lo Stato? Perché la nascita di nuove attività richieda la ricerca ed una sperimentazione di base che solo uno Stato può permettersi. Infatti non si può sapere se la ricerca avrà successo oppure no, in tempi brevi.
A conferma di questa affermazione riporto un frase detta da un grande matematico del 1900, che diceva che la vera Matematica, quella creativa è inutile e solo una piccolissima sua percentuale è utilizzata banalmente per cose concrete ed impiegata nella tecnologia.
Questo matematico, teorico dei numeri, si chiama Godfrey Harold Hardy. Hardy ricorda a sua difesa, la frase di un altro grandissimo matematico, Gauss : se la matematica è la regina delle scienze, allora, data la sua suprema inutilità, la teoria dei numeri è la regina della matematica.

Ciao, sergio

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