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Ci lavoriamo da quattro generazioni, ora veniamo sfrattati dalle palazzine (mes #92085)
di Daniele Borriero
il 14/03/2012 11:20:57
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Realismo e utopia. Partiamo dall'ultima frase dell'articolo per delineare il significato di queste parole. Per realismo il vocabolario dà questo significato: "Atteggiamento di chi si attiene ai fatti e valuta le situazioni nella loro concretezza". Per utopia, il primo significato è "disegno di una società perfetta, proiettata in una dimensione spazio-temporale indefinita, nella quale gli uomini dovrebbero poter realizzare una convivenza del tutto felice". Il realismo contrariamente all'utopia prescinde in effetti da un obiettivo che dovrebbe essere primario, la ricerca della felicità umana. Valuta le situazioni e sceglie, accettando pertanto tutti i compromessi. Ora andiamo a cascina Ronco. Qui l'atteggiamento realista parte dal presupposto che la proprietà (che non credo sia ancora Ipab come risulta scritto nel manifesto di Dompè) abbia come scopo primario quello di garantire per sé il ritorno economico maggiore, prescindendo dalle conseguenze su altre persone e sulla collettività. A chi amministra spetta solo limitare i danni, senza intervenire su questo principio di base. L'atteggiamento realista afferma di conseguenza che non è più così indispensabile l'agricoltura (specie di prossimità, il latte può venire anche, consumando benzina - dov'è l'ecologia? -, dalla Romania), in conseguenza del fatto che essa non garantisce il reddito più alto tra le attività umane. L'inutilità della conservazione delle attività agricole è sottolineata dal fatto che esse possano al massimo aspirare ad essere relegate in un museo. Importante, ma vitale come un cimitero. Realismo vuol dire probabilmente anche dichiarare che un altro condominio, in aggiunta ai tanti (troppi?) già inutilizzati a San Donato (e quanti altri ne verranno) ma comunque opprimenti sul nostro territorio, è cosa necessaria. Perché? E' forse più utile di una cascina che ha radici storiche e perlomeno, se proprio vogliamo essere veramente realisti, produce da mangiare? E' utopico chiedersi a cosa serve quanto stiamo facendo e le conseguenze delle nostre decisioni? E' utopico fare o appoggiare delle scelte che pretendano di essere utili per più persone possibili, se non per tutta la collettività, e non solo per quei pochi, o forse pochissimi, che da queste operazioni guadagneranno molti soldi? Se è così, allora preferisco seguire un'utopia, quella del dizionario, che aspira a un mondo che sia felice per tanti. Con la coscienza a posto di lavorare almeno per qualcosa e per qualcuno.
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