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XVII secoli dall'editto di Costantino  (mes #100827)
di Andrea Lanzoni il 07/12/2012 13:46:42

messaggio letto 633 volte
(1 risposta)

in risposta a Andrea Lanzoni (mes. #100822)
Riporto alcuni passi del discorso di Scola che, dal mio punto di vista, rappresentano un'ottima analisi, ma uno scadente, e vago, indirizzo di soluzione (sia per credenti che per laici):

".....il modello francese di laicité è parso ai più una risposta adeguata a garantire una piena libertà religiosa, specie per i gruppi minoritari. Esso si basa sull’idea dell’in-differenza, definita come “neutralità”, delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso e per questo si presenta a prima vista come idoneo a costruire un ambito favorevole alla libertà religiosa di tutti. Si tratta di una concezione ormai assai diffusa nella cultura giuridica e politica europea, in cui però, a ben vedere, le categorie di libertà religiosa e della cosiddetta “neutralità” dello Stato sono andate sempre più sovrapponendosi, finendo così per confondersi».

Dunque una «laicité» che ha finito per diventare un modello «maldisposto» verso il fenomeno religioso. Perché? «Anzitutto, l’idea stessa di “neutralità” si è rivelata assai problematica, soprattutto perché essa non è applicabile alla società civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla. Ora, rispettare la società civile implica riconoscere un dato obiettivo: oggi nelle società civili occidentali, soprattutto europee, le divisioni più profonde sono quelle tra cultura secolarista e fenomeno religioso, e non - come spesso invece erroneamente si pensa - tra credenti di diverse fedi. Misconoscendo questo dato, la giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di “neutralità”, il sostegno dello Stato a una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio. Ma questa è una tra le varie visioni culturali che abitano la società plurale. In tal modo lo Stato cosiddetto “neutrale”, lungi dall’essere tale, fa propria una specifica cultura, quella secolarista, che attraverso la legislazione diviene cultura dominante e finisce per esercitare un potere negativo nei confronti delle altre identità, soprattutto quelle religiose, presenti nelle società civili tendendo ad emarginarle, se non espellendole dall’ambito pubblico».

Una società plurale che però di fatto viene egemonizzata da una cultura laicista: «Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde - almeno nei fatti - una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente. In una società plurale essa è in se stessa legittima ma solo come una tra le altre. Se però lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa».

A questo punto il cardinale si (ci) chiede:
"Quale strada allora imboccare per «ovviare a questo grave stato di cose»?"

Ed ecco la sua risposta:
"Ripensando il tema della aconfessionalità dello Stato nel quadro di un rinnovato pensiero della libertà religiosa. È necessario uno Stato che, senza far propria una specifica visione, non interpreti la sua aconfessionalità come “distacco”, come una impossibile neutralizzazione delle mondovisioni che si esprimono nella società civile, ma che apra spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune».
«La libertà religiosa appare oggi come l’indice di una sfida molto più vasta: quella della elaborazione e della pratica, a livello locale e universale, di nuovi basi antropologiche, sociali e cosmologiche della convivenza propria delle società civili in questo terzo millennio. Ovviamente questo processo non può significare un ritorno al passato, ma deve avvenire nel rispetto della natura plurale della società. Pertanto deve prendere l’avvio dal bene pratico comune dell’essere insieme".

Francamente mi sarei aspettato che all'acutezza dell'analisi avesse fatto seguito altrettanto nelle risposte di indirizzo, che restano generiche nell'esposizione, vaghe in qualsiasi ipotesi di applicazione.
Penso che l'analisi abbia quindi fornito spunti importanti e interessanti per la riflessione di tutti, credenti e non credenti.
Per il futuro, più che da Scola, mi aspetto proposte interessanti e perseguibili dalla società civile, che é fatta di credenti e non credenti.

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