> >>La storia non cambia, soprattutto perché la si dimentica troppo facilmente (e anche tu mi insegni che bisogna sperare nel futuro, non "studiare" le esperienze passate, anche rovistando negli archivi, per progettare il futuro facendo tesoro degli errori del passato). > >Su questa affermazione mi permetto ancora di dissentire, Daniele. Siamo di fronte a un salto evolutivo: le nuove tecnologie tecnocomunicative hanno cambiato radicalmente il mondo, rendedolo più connesso e straordinariamente più complesso. Guidare avanti guardando nello specchietto retrovisore non è più possibile. I nostri modelli economici, politici e sociali sembravano funzionare in un contesto più limitato, ma oggi è evidente che non riflettono più la realtà.
Il tuo è un approccio differente allo stesso problema, ma finalizzato agli stessi obiettivi che mi prefiggo io. Nel rapporto con la storia, che ritengo necessario per il cittadino che voglia comprendere il presente (senza lo studio della storia non si hanno gli strumenti per farlo), io trovo notevoli analogie con la situazione attuale, e le informazioni che traggo costituiscono le basi per definire il futuro entro parametri meno incerti che la onnipresente "speranza" fornisce. La tecnologia ha cambiato solo il modo di comunicare (e la velocità di trasmissione delle informazioni) e se devo essere sincero, a mio parere, in alcuni casi in peggio, ma questo è un discorso sociologico che richiederebbe pagine di discussioni fuori tema. L'uomo con i suoi istinti e le sue pulsioni è rimasto lo stesso di 2000 o di 100 anni fa, anche se oggi invece che trovarsi in una bella piazza a discutere con altri, magari seduti a un tavolino di un bar, ci si dà appuntamento ognuno davanti a un suo mac (forse la tecnologia ci sta abituando a essere anche più soli e individualisti?). Se andiamo a vedere nel passato, l'Italia ha già vissuto un'unione monetaria (ma non un'unione politica e sociale che fosse contemporanea alla stessa), le cui conseguenze si vedono ancora oggi in alcuni territori dello stivale, dopo 150 anni, e il fatto che all'epoca non ci fosse Internet o la globalizzazione non cambia il risultato né per un economista, né per uno storico, perché l'economia si basa su principi che possono cambiare nelle regole accessorie e nelle denominazioni dei processi, come nella velocità degli stessi, ma non in quelle strutturali, che rimangono sempre lì, a ricordarci che la nostra idea di progresso (concetto moderno: gli antichi pensavano al futuro sempre come peggioramento rispetto al passato. E come dargli torto, in effetti, in questa logica? Ogni giorno che passa, è un giorno in meno di vita e soprattutto di gioventù) è una semplice illusione dell'uomo moderno positivista, messa in discussione anche in tempi più recenti da altre scuole filosofiche. La voglia di esplorare il nuovo deve posarsi su solide fondamenta, ovvero sulla conoscenza dell'antico, altrimenti si rischia solo di commettere questo tipo di errori: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2011/18-luglio-2011/calatrava-ponte-divarica-rive-ci-sono-stati-errori-progetto-1901111300469.shtml
RecSando
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