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Cascina Ronco e mia figlia: una storia tra altre storie  (mes #92910)
di Mimma d. Gentile il 11/04/2012 16:37:14

messaggio letto 559 volte
(1 risposta)

in risposta a Daniele Borriero (mes. #92905)
<Non riesco a pensare che tutto questo possa venire cancellato per i bimbi che verranno>

Sono legata alla campagna: mio padre era un contadino e d’estate noi si andava tutti gli anni due mesi a vivere lì. Lo facevano tante famiglie, quelle che avevano la campagna troppo distante dal paese: i contadini andavano ancora in campagna a cavallo o col carro e – con la mietitura in corso - tornare a casa tutte le sere (per poi ripartire alle 3-4 di notte) avrebbe voluto dire stancarsi troppo e smettere di lavorare mentre c’era ancora luce, questo non era il caso (mio padre quando il sole stava per tramontare diceva: ah, avere una corda per poterlo fermare) . I mesi di giugno e luglio vivevamo quindi in campagna. Per noi bambine era bellissimo tra pinete a perdita d’occhio (il Gargano è molto bello), ulivi bellissimi, cavalli, asini, muli, covoni di grano, le capre del vicino, grilli e cicale e insomma tutto l'armamentario di una vita in campagna. Al ritorno appena entrati in paese la cosa che ti colpiva era l’assenza di silenzio, ti sembrava di arrivare in una baraonda pazzesca ed erano invece i suoni normali della strada a cui il giorno dopo non facevi più caso, ma appena arrivati ti facevano invece un’impressione fortissima, difficile da raccontare.

Cascina Ronco l’ho vista la prima volta quasi per caso, quando Poasco aveva un migliaio di abitanti e non so se è stato per il ricordo infantile del silenzio della mia campagna ma ho sbirciato dall’apertura, e sono stata colpita da questa grande aia assolata e silenziosa silenzio e serenità, ecco l’impressione fortissima, poi ho notato la bellezza della casa padronale e tutto il resto.

Nel 78 quando lavoravo al Comune di San Donato una ragazza che veniva dalla Germania venne in comune perché faceva una tesi che riguardava l’agricoltura della nostra zona (marcite, Chiaravalle, monaci, ecc): venne convinta di trovare ancora un bel po’ di terreno coltivato ma già allora non ne era rimasto molto e lei ne restò stupita, tanta bella campagna e non più cascine! Non voglio fare la nostalgica ma penso che una politica per mantenere una parte di campi bisognava pur farla e invece niente, non abbiamo lungimiranza, per le cascine a San Donato il disinteresse è stato pressocchè totale sia per gli edifici che per il terreno coltivato e così oggi ci sono praticamente solo gli 85 ettari di Cascina Ronco ma anche quelli possono andare a ramengo, se dobbiamo giudicare da chi ci ha amministrato o vorrebbe amministrarci.

I motivi per cui l’IPAB ha messo all’asta Cascina Ronco a suo tempo sono intuibili, non per niente dall’IPB è scoppiato il bubbone di tangentopoli (Mario Chiesa), è anche strano vedere che una cascina del 1500 non è stata a quei tempi inserita nel parco sud e il confine del parco fa un giro incredibile per tenercela fuori a forza! Poi in tempi più recenti vi viene piazzato anche un bel piano di recupero con tanti bei mc (anche se la cascina era attiva) e oggi si prosegue su questa strada: che a qualcuno appaia normale e ineluttabile trasformarla in un condominio è cosa veramente non sopportabile. Come si fa a pensare che sia sufficiente un capannone per le macchine agricole? E tutto il resto? Tutta quella storia e quella bellezza?

Forse non hanno avuto la fortuna di ascoltare il silenzio o se l’hanno incontrato non se ne sono accorti. Li compiango ma mi fanno tanta rabbia.
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