San Donato ha quasi cancellato il suo passato, i secoli di storia che hanno preceduto il dopoguerra. E' una città moderna, ma priva di contenuti storici e incapace di generare quel senso di appartenenza che una città di queste dimensioni dovrebbe avere. E' una città "utilitaria", un dormitorio alle porte di Milano, dove ci si reca per lavorare, dormire, al massimo si portano i bambini al parco giochi sotto casa o si fa footing da soli tra le piante di Metanopoli. E' una città da cui si fugge: chi ha i soldi nel we se ne va, le strade si svuotano... E' inutile parlare di piazze, di aggregazione se le cose rimangono così. Non si crea una comunità costruendo solo palazzi. Temo che i prossimi anni possano dimostrarsi duri, dal punto di vista economico, per la nostra società, per molti di noi. Trovarsi una dimensione comunitaria viva, aperta, disponibile, unita sia un modo per andare avanti senza soffrire troppo, perché da soli si soffre di più.
Ma per creare una "comunità" bisogna investire sul territorio in maniera diversa. Rendendolo più bello, più interessante, più eterogeneo, più vivibile. Cascina Ronco è un'opportunità, era un'opportunità, non lo sarà più se diventerà il solito condomino. Non possiamo pensare a una città fatta solo di uffici e condomini moderni, di box e di strade. La città siamo noi, che la viviamo, che soffriamo, che ci divertiamo, siamo noi che possiamo andare a Cascina Ronco a vedere uno spettacolo teatrale e a accarezzare una pecora, viva, che secondo me è meglio di un pony viola televisivo, per i nostri bambini. Noi che possiamo farlo anche se non abbiamo i soldi per un we.
Io vorrei che tra i ricordi d'infanzia di mia figlia ci siano galli importuni, pecore da accarezzare, amici nei parchi vicini a casa, con cui giocare tranquillamente a nascondino.
Io non vorrei che tra i ricordi di mia figlia restino solo pony viola. |
11/04/2012 - 