>A questo punto abbiamo due possibilità: > >- uscire dal gioco, dichiarare default, abbandonare l'euro e così via. I costi sociali sarebbero mostruosi per decenni. > >- stare al gioco e cercare di bilanciare rigore e crescita, ingraziandosi i nostri padroni, ovvero chi ha in mano il nostro debito > >Non c'è via d'uscita. > >Nella seconda ipotesi, quella praticata oggi, è ovvio che il rigore verrà chiesto soprattutto ai cittadini, perchè è nello schema di gioco, ma non da ora: da decenni. Solo che ora è più evidente. > >Inoltre, anche a voler estendere il rigore ai grossi patrimoni, non sarebbe possibile, perchè i politici hanno negli anni fatto leggi che, di fatto, impediscono ogni iniziativa. > >Per quanto riguarda il problema del lavoro, io vedo solo una possibilità: che i giovani diventino imprenditori e creino il tessuto economico del futuro, in contrapposizione con quello attuale.
Non è assolutamente detto che l'uscita dall'euro si risolva in costi drammatici per decenni. L'informazione mediatica dice così, ma ho imparato ormai a diffidare da chi è costretto, per questioni di finanziamento o ragioni politiche, a servire chi lo nutre. Un link per leggere qualche informazione http://goofynomics.blogspot.it/2011/11/luscita-delleuro-redux-la-realpolitik.html La seconda possibilità che citi è quella a cui stiamo andando incontro, ma non è corretto dire "ingraziare i nostri padroni", piuttosto è meglio scrivere "ingrassare i nostri padroni", ovvero chi ha in mano il nostro debito, cioè banche di investimento, hedge fund, multinazionali. E più uno ingrassa, più si abitua a mangiare. Non se ne esce. Il nostro modello è quello dei paesi ex sovietici. E questo vale anche per il lavoro dei giovani (qui per esempio un documento sulle donne ex urss http://www.cespi-ong.org/wp-content/uploads/2010/12/relazione-carpinelli.pdf ).
RecSando
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