> >Forse è una proposta ingenua, ma spero avvii una discussione anche sul tema della povertà e sulle soluzioni che si possono adottare. > >Io mi ricordo che tanti anni fà, quando avevo ancora i pantaloni corti, vicino al Parco Forlanini c'era un Campo di Emmaus (la comunità internazionale fondata dall'Abbè Pierre). L'attività classica di questa comunità, costituita da volontari, era proprio la raccolta, la selezione e la vendita o il riciclo di materiale usato per sostenere iniziative di solidarietà a livello locale e nei paesi poveri. Ricordo anche un mercatino chiamato "Bric a brac" in cui venivano rivenduti articoli usati e ricondizionati. Questi campi di lavoro esistono ancora tutt'oggi, ma mi pare che i volontari scarseggino per cui probabilmente i meno abbienti si arrangiano con il fai da te.
Pur valutando positivamente l'apporto del volontariato (attività che ho svolto anch'io in passato, seppur limitatamente nel tempo), non ritengo che la gestione della povertà debba essere rimandata sempre al buon cuore delle persone: come giustamente sottolinei tu, può non esservi continuità nel tempo e, in ogni caso, non condivido il messaggio che ne scaturisce (la lotta alla povertà come un'attività di beneficenza). Credo invece che l'attenzione verso i più deboli debba appartenere al DNA di uno stato - e delle sue istituzioni - moderni. In tal senso, la domanda che pongo è: le istituzioni possono "raccogliere" queste persone che si dedicano ad attività di mera sopravvivenza e organizzarle per garantire un vantaggio anche al territorio? |