Daniele, può sembrare a te strano ma ho la convinzione del contrario. Le ideologie appartengono a chi le cavalca e dimostra di seguire. Esistono molti dubbi che siano morte a sentir parlare Landini della Fiom e la Camusso. Fingere che si possa ignorare la realtà sopravvenuta con la globalizzazione e l’obbligo per l’Italia di abbattere il gravosissimo debito pubblico di 2 mila MLD è da ingenui idealisti. Come lo è il parlare di diritti e doveri che si modificherebbero in maniera ingiusta, senza MAI rapportarli alla situazione mutata. Tu pensi sia fuorviante parlare del passato forse perché i giovani sono propensi a pensare che tutto sia nato con loro. Quei dirigenti Sindacali e dei partiti che incitano alla ribellione contro il “montismo”, appartengono in gran parte più alla mia generazione che alla tua. Quegli stessi che negli anni ’80 predicavano il dogma de “il salario quale variabile indipendente”. Sono gli stessi delle pensioni elargite dopo meno di venti anni di lavoro, degli scioperi a raffica e improvvisi, ecc. oggi gridano allo scandalo sull’abbassamento dei redditi, l’aumento dell’età pensionabile, la delocalizzazione delle imprese verso paesi con minori diritti dei lavoratori. Questa situazione è conseguente anche a quei comportamenti, non solo ad essi ovviamente.
Tutto è perfettibile ed è possibile che si possa fare qualche correzione alle decisioni che il passato governo e soprattutto l’attuale ha dovuto assumere per salvarci dalla catastrofe. Avrei voluto vedere se al governo del paese si fossero trovati personaggi della sinistra che fanno riferimento al "Fatto Quotidiano" quali diritti sarebbero stati mantenuti. L’Italia si sarebbe trovata alla fame e avremmo trascinato con noi l’Europa.
<Leggendo i tuoi interventi, Luigi, mi convinco sempre più che la volontà di modificare l'art. 18 è una questione ideologica. Il che mi fa pensare a tutte le discussioni precedenti a questa, in cui si parlava di passate e morte ideologie del Novecento: nella realtà le ideologie sono vive, ancor più nella reazione che esse suscitano. Gli esempi che citi appartengono alla storia ormai. Oggi, il popolo dei lavoratori ha subito una frantumazione tale che è impossibile paragonarlo a ciò che citi tu: prima dell'art.18, l'ennesima spallata volta a indebolire le istanze dei lavoratori, il mondo del lavoro ha dovuto subire i contratti atipici, a progetto, co.co.co, che, partiti promettendo un aumento dell'occupazione, hanno di fatto solo abbassato diritti e reddito dei lavoratori; l'aumento dell'età pensionabile, che costringe a lavorare persone oltre l'obsolescenza delle loro competenze e resistenza fisica e impedisce il ricambio generazionale; la delocalizzazione delle imprese verso paesi con minori diritti dei lavoratori. E il mondo della piccola impresa gli studi di settore e la definizione di "congruo e coerente" che, chiunque abbia avuto esperienza, è un ennesimo cappio al collo di chi vuole fare impresa onestamente tentando anche di assumere. Il mondo del lavoro è un mondo frantumato, diviso, parcellizzato, in cui le persone spesso non riescono a trovare protesta migliore che salire sulle torri o darsi fuoco, e pensare a un art. 18 capace di dare "troppo" potere ai sindacati, oggi, è veramente anacronistico. Oggi, se vogliamo, è già tanto che un lavoratore non debba pagare per lavorare. Già molti, se non tutti, stiamo pagando una pensione di cui non usufruiremo, per darla a chi la sta ricevendo ora.
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