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paradisi fiscali  (mes #106006)
di Mirco Rainoldi il 19/06/2013 10:29:42

messaggio letto 685 volte
(1 risposta)

in risposta a Luca Isabella (mes. #106001)
> Ma dubito che si farà qualcosa: basterebbe promulgare una regola che le tasse si pagano dove si realizza il fatturato e punto. Troppo facile?

A mio parere è importante distinguere tra "paradisi fiscali" e paesi comunitari, come Irlanda e Lussemburgo, dove il trattamento fiscale per le aziende è molto più favorevole che in Italia. Attorno agli anni 90 diversi gruppi italiani hanno trasferito lecitamente alcune controllate in quei paesi. Per trasferimento non intendo quello di comodo o di facciata modificando solo la sede sociale e domiciliandola presso uno studio locale, ma bensì acquisendo o affittando palazzi e strutture con relativo personale che operava in Italia trasferito in pianta stabile (peraltro lautamente ricompensato in termini di benefit) nella sede estera. In questo caso la fatturazione della relativa controllata irlandese o lussemburghese avviene in quel paese comunitario, per cui è molto difficile stabilire con una legge che quei proventi, prodotti da una controllata estera di un gruppo italiano, debbano essere asogettati alla nostra fiscalità. Quello che si può fare è andare a scovare quei casi dove il trasferimento è avvenuto in maniera fittizia ed al solo scopo di eludere o meglio evadere le imposte in Italia. Questo è quello che la Guardia di Finanza sta proprio facendo con diversi istituto di credito italiani (molti dei quali hanno già concordato con l'Agenzia delle Entrate il versamento a sanatoria di imposte molto consistenti) e con molti VIP che, a danno del loro paese, pensano di farsi ancora più ricchi. Inoltre alcuni stati membri stanno stringendo accordi fiscali bilaterali con paesi extra UE, tra i quali la Svizzera, per regolare gli aspetti fiscali dovuti ai capitali stranieri ivi presenti. In questo momento l'Italia pur avendo più volte incontrato i rappresentanti elvetici non è ancora riuscita a raggiungere un accordo, mentre lo hanno già sottoscritto Germania e Gran Bretagna. Altro intervento, che comunque richiede una unità fiscale europea che oggi ancora manca, è l'introduzione da parte della Comunità Europea di una normativa fiscale intrastati che consideri in modo uniforme il trattamento delle controllate estere dei singoli paesi membri qualora basate su stati facenti parte della comunità, regolandolo con accordi multilaterali. Giusto per intenderci un sistema simile a quello della tassazione delle rendite finanziarie regolate in modo da assorbire l'effetto delle eventuali doppie imposizioni. Capitolo a se sono invece i paradisi fiscali come le isole del canale, San Marino, gli stati caraibici ed i vari paesi della "black list" che a mio parere dovrebbero essere sottoposti in modo chiaro ad un embargo finanziario tale da costringerli ad una maggior trasparenza. Detto embargo dovrebbe essere molto simile a quello economico adottato nei confronti dei paesi in odore di terrorismo che non rispettano le prescrizioni dell'ONU. Sicuramente sono soluzioni più facili a dirsi che a farsi, ma comunque percorribili se la volontà dei paesi del G8 fosse indirizzata verso un comune obiettivo. Situazione purtroppo molto lontana dal manifestarsi anche alla luce degli esiti dei recenti incontri tra Obama e Putin.
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