>Se ciò fosse vero, cioè che nessuno ha responsabilità dell'accaduto, allora non possiamo che trarre la conclusione che il Governo e il Parlamento non contano nulla, perchè le leve del Paese non sono in mano loro. Non si può avere responsabilità di ciò che va bene e non averla quando va male, non credi? > >
E noi cittadini? Abbiamo delle responsabilità? Da anni abbiamo perso l'identità comune di popolo, la capacità di rapportarci a una comunità. Siamo individui, e come tale quella che potrebbe essere la nostra vera forza, il numero, è persa. I politici hanno il potere che noi gli diamo. Ci rappresentano? Non ci rappresentano più? Dovremmo essere noi a dover farglielo capire. Questo accade? Parli con la gente... è solo un coro di lamentele. Chi è contro Berlusconi, chi contro Prodi, chi contro tutti, chi crede a Monti, chi non crede più a nessuno. La gente è solo confusa e irrimediabilmente sola. Ci hanno insegnato ad essere divisi: quando hanno cancellato le ideologie, le hanno sostituite con le persone, e su quelle si fa gossip, non politica. Uno è bravo, l'altro è cattivo, io sto con lui, io sono contro di lui. A tenerci insieme dovrebbero essere le idee comuni, le stesse idee condivise ugualmente tra i cittadini e i vertici della politica, in maniera che si possa rivelare facilmente quando il re è nudo e non come adesso, che la propaganda cancella le differenze. Ma le idee dove sono? Non cancelliamo le nostre responsabilità. Siamo capaci di stare insieme, di fare gruppo per il bene comune? No: ognuno di noi ha l'illusione che le differenze sovrastino tutto il resto che abbiamo di simile, che ci rende tutti cittadini che subiscono gli stessi problemi. Il lavoro... colpisce tutti. La pensione... pure. La crisi... molti. Prima o poi. Anche chi oggi fa la fila al centro commerciale. Direttamente o indirettamente, prima o poi. Ma c'è chi pensa di cavarsela, vuoi per età, o per presunte capacità superiori rispetto agli altri, non riflettendo che un albero vivo in una foresta morto è comunque destinato a una brutta fine, al primo colpo di vento. Guardate la Grecia: negli anni 90 era un paese povero (ai nostri occhi) ma allegro. La povertà è un indice basato sulla ricchezza (di beni) degli altri. Ma non ci spiega perché in alcuni paesi ritenuti poveri i sorrisi siano mediamente più presenti sui volti delle persone che in altri reputati ricchi. Negli anni 2000, e con l'Euro, la Grecia era un paese che si stava "arricchendo". Hanno avuto il loro ponte sullo stretto (Rion-Antirion, una meraviglia in area fortemente sismica), il loro tunnel sotto la manica (Aktion-Preveza), la loro Malpensa (più bella della nostra, forse), stadi e impianti sportivi, linee di metropolitana nuove ad Atene, con alcune stazioni monumentali. Ero ad Atene e mi stupivo dei negozi occidentalizzati, delle grandi firme che nascevano lungo i viali commerciali, della gente che comprava, delle auto nuove, delle facciate rifatte delle case... e anche dei prezzi che crescevano, con l'euro, come da noi. La gente si indebitava per le BMW, le griffe... e la politica si spostava al centro. Oggi: la miseria, non la povertà di prima, ha tolto anche il sorriso da molti. Perché tra povertà e miseria è proprio questa la differenza: quel sorriso che non hai più, perché per te, che sei senza soldi, non è rimasto più nulla perché non conti più nulla.
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