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Formigoni NON si dimette (mes #99483)
di Giorgio Soave
il 12/10/2012 06:22:58
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messaggio letto 448
volte
(3 risposte)
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Formigoni non si dimette (si sapeva che se il suo Consiglio, con il voto della Lega, gli avesse votato la sfiducia, il PDL subito avrebbe fatto cadere i governatori leghisti di Veneto e Piemonte, Zaia e Cota; quindi la Lega si è adeguata. Ricordatevene). Ma Formigoni con l'aria delle grandi decisioni si presenta in TV e annuncia di avere azzerato la Giunta regionale.
Nota 1: Formigoni non poteva azzerare il Consiglio regionale, regolarmente eletto. Avrebbe dovuto dimettersi e andare a nuove elezioni. Formigoni non si è dimesso, ma ha solo annullato le deleghe a tutta la giunta (anche agli assessori onesti, per non far torto a nessuno) e ha annunciato una nuova giunta più bella che prìa. Quindi il Consiglio resta tutto lì, con i suoi 13 indagati, a far danni.
Nota 2: L'assessore Zambetti è finito in galera per voto di scambio e rapporti con la mafia, cioè per avere speso 200.000 euro (chissà dove presi)per COMPRARE 4000 voti alle scorse elezioni regionali. Voto di scambio è pagare qualcuno, o dargli qualcosa, in cambio del suo voto. Un po' come il vecchio Lauro che regalava le scarpe sinistre promettendo le destre in caso di vittoria. Ma io mi chiedo: come fa la 'ndrangheta a VENDERE i voti degli altri ? Vuol dire che dispone di un bacino elettorale al suo servizio, a cui basta dare l'ordine di votare qualcuno perchè obbedisca. La cosa è un po' allarmante. Non si tratta più di fare una campagna elettorale, un po' di pubblicità, in favore di qualcuno per convincere una parte degli elettori a votarlo; si tratta del fatto che qualcuno (mafia o altri) dispone di pacchetti di voti sicuri da vendere (come i clientes degli antichi patrizi romani che in cambio di panem et circenses votavano per il loro protettore). Questa pratica spiega come mai certi boss della politica riescano a restare in Parlamento per decenni perchè si sa che "possono portare" al loro partito un certo numero di voti. E questo la dice lunga sulla maturità civica dell'elettorato italiano, che ancora oggi come ai tempi degli antichi romani vende il suo voto in cambio della promessa di favori e raccomandazioni.
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