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È il momento della serietà  (mes #99754)
di Sergio Solimena il 22/10/2012 21:13:18

messaggio letto 488 volte
(1 risposta)

in risposta a Luigi Verdicchio (mes. #99753)
Ciao Luigi,
cercherò di risponderti un po’ sinteticamente mettendo in evidenza ciò che penso sia più importante e in grado di fare dei passi in avanti. Perché la situazione è veramente grave.

Perciò ti chiedo il favore di evitare di tirare sempre in ballo i Comunisti e in particolare la Cina. Sono stato in Cina diverso per tempo come responsabile di un trasferimento di tecnologia e quindi so di cosa parlo. Non si può sempre parlare male dei "Comunisti" ( attenzione ho messo le virgolette) e poi andare il quei paesi per risparmiare sui costi di produzione. Non si può parlare male del "KGB" e poi avere come amico fraterno Putin.
Non chiedere a me cosa penso di alcune atrocità commesse nei paesi comunisti, ti ho già risposto. Chiedi invece a certi industriali perché vanno a braccietto con chi alcuni di questi crimini ha commesso. Abbiamo bisogno di una classe dirigente più seria!

E poi scusami, è vero che non ho capito le virgolette che avevi posto sulla parole diritti. Ma anche ora che mi hai spiegato cosa intendessi, resto perplesso su cosa volessi dire.
Le leggi sbagliate non puoi considerale dei diritti, come non credo tu possa considerare il “falso in bilancio” un diritto solo perché la legge lo ammette.
Insomma stavamo parlando dell’articolo 18.
Come puoi pensare che sia un diritto licenziare senza giusta causa. E’ una contraddizioni in termini.
Ma di più. E’ una barbarie sul piano della civiltà.

E poi. Tu dici
- "in Italia alcune aziende sono costrette a ridimensionare alcuni aspetti contrattuali per poter competere con aziende straniere."

Certo, ma cosa c’entrano i diritti.
In Italia si è costretti ridimensionare perché non c’è un piano industriale nazionale, non c’è ricerca, non esiste la concorrenza leale, mentre si ammette quella sleale sostenuta dagli amici e dalla criminalità organizzata. Il finanziamento esiste solo per coloro che sono indebitati. In Italia manca una classe industriale decente (parlo di classe, non mi riferisco individualmente alle persone)

All’estero le cose funzionano diversamente.
A Marchionne i tedeschi non l’hanno preso seriamente mentre in America lo Stato lo sta seguendo passo passo. Che ci provi a non rispettare le leggi americane sul lavoro e ad interpretarle a modo suo.

Ma perché non capiamo che è in Italia che manca una classe industriale che si sappia assumere le proprie responsabilità, che sappia eliminare chi trucca le regole, che invochi la trasparenza e la correttezza del mercato.
E non diano anche loro la colpa ai politici perché molti dei nostri politici sono stati scelti dagli industriali e molti di loro sono in Parlamento. Eppure non c’è un piano industriale nazionale! E questo non è per colpa della CGIL.

No, non è il basso costo dei prodotti fatti in Cina, in Brasile… che ha messo in crisi la nostra economia, non sono le pensioni baby…. . La crisi economica italiana è iniziata ben prima. L’ho ripetuto più volte ed è stato scritto benissimo Luciano Gallino, in “la scomparsa dell’industria italiana”.
“Dal 1960 il nostro paese ha perduto o ridimensionato drasticamente la propria capacità produttiva in settori industriali nei quali aveva occupato a lungo un posto di primo piano a livello mondiale”.

Insomma ragioniamo seriamente. Consideriamo il lavoro un diritto e la disoccupazione una grave malattia da risanare subito. Rispettiamo chi lavora ed esigiamo competenza e non fedeltà ai potenti.
Abbiamo il coraggio di criticare le cose che non vanno iniziando a regolarizzarle da chi ha di più.
Non è una colpa essere ricchi, è una colpa pensare che siano coloro che stanno male a dover iniziare a perdere i diritti, anche se gli sono stati donati in un momento di “bontà”.
Cosa che tra l'altro non credo, salvo poche eccezioni.

Ciao, sergio
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