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07.01.99 - Riccardo Uberti
- Per Ricordare Michel Petrucciani -
avrete forse letto della morte di michel petrucciani, avvenuta ieri.
ho il dubbio che qualcuno qui lo conosca: mi e' capitato poche volte
di leggere di jazz.
lui era un pianista jazz, nella tradizione di un virtuosismo che parte da
art tatum e bill evans - forse senza l'istrionismo (e il successo, e la
produzione torrenziale) di un keith jarrett, ma con una scelta espressiva
coerente e una visione un po' romantica e ottimistica del mondo. che lo
aveva aiutato a superare una grave malformazione congenita, senza per
questo fare di lui un fenomeno da baraccone.
l'ho sentito dal vivo tre-quattro volte: un paio a lugano, negli anni '80,
in occasione dei festival jazz, poi almeno una a milano, in una di quelle
terribili serate all'aperto di luglio/agosto, funestata da zanzare voraci
(chissa', forse gli appassionati di jazz hanno il sangue dolce) e da un
programma forse piu' adatto ad una sera da club, che a una platea
accaldata.
rimetto nel lettore "pianism", dell'85 - insieme a danielsson al
basso e zigmund alla batteria, compagni storici di quel bill evans che ha
rinforzato il concetto di trio jazz - e mi dispiace di non avere qui con
me un doppio in vinile "live at the village vanguard", in cui
da' parecchio di se', sempre con questa formula tradizionale.
come dire, adieu e a risentirci - da qualche parte.
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