Anche il
Sud-est milanese, come tanti altri luoghi, soffre il suo, seppur
modesto, rischio idrogeologico, che fortunatamente non è
motivato da movimenti franosi o da dissesti morfologici, né
tanto meno da seri terremoti e neppure dalle acque potabili, che
sono di ottima qualità e non danno problemi di sorta, in quanto
provengono da serbatoi naturali profondi, oltre i 120 metri, e
ben protetti da inquinamenti, di cui risentono invece le acque
esposte al contatto con l’ambiente esterno. Il rischio
idrogeologico di San Donato è rappresentato invece dalla
vivacità e dalla imprevedibilità delle acque che costituiscono
la prima falda sotterranea, nonché dalle intemperanze dei corsi
d’acqua superficiali, fiume Lambro in testa. Queste acque sono
una preziosa risorsa e sono l’anima di San Donato Milanese e
delle campagne che la contornano, ma sono anche motivo di
apprensione e di qualche disagio; la città si trova infatti in
prima linea, a diretto contatto con il fiume Lambro, costretta a
difendersi dai suoi frequenti eccessi idraulici, in particolare
le temute esondazioni e nello stesso tempo è impegnata a
controllare attentamente i movimenti della falda sotterranea,
sempre pronta a minacciare l’invasione del territorio
sovrastante.
A Linea
tratteggiata i limiti dei fontanili
Evoluzione
piezometrica della falda nel periodo 1950-2000
Falda acquifera e manufatti tra il 1950 e il 1996
Risalita della falda dal 1972 al 1997 lungo la sezione da
Milano a Melegnano
A rendere ancora più
precaria la sicurezza idraulica del luogo si aggiungono le elevate
permeabilità dei terreni arginali del Lambro, che indubbiamente
facilitano la comunicazione tra le acque fluviali e la contigua falda
acquifera; ne consegue che le variazioni di portata del fiume
influenzano la dinamica della superficie freatica e quindi ogni piena o
esondazione del fiume si traduce normalmente in un impulso verso l’alto
delle acque di falda, con la tendenza di queste a conquistare nuovi
spazi da inondare, come già ripetutamente è accaduto nel passato.
In pratica, cos’è la falda
freatica: è un immenso corso d’acqua sotterraneo, dotato di un
lento movimento da monte verso valle (nel nostro caso, da
nord-ovest verso sud-est); la superficie della falda è detta
anche “piezometrica” e la profondità di questa rispetto al suolo
è chiamata “soggiacenza
La falda acquifera
Nei decenni
scorsi la falda del Sud-est milanese è stata oggetto, come
vedremo, di alcune importanti fluttuazioni,che hanno causato
pesanti ripercussioni sulla popolazione e sull’ambiente.
Ricordiamo un po’ di storia locale della falda: per lungo tempo
e fino ai primi anni 1950 la superficie della falda aveva
conservato una posizione molto vicina al suolo, a uno o due
metri di profondità, essendo alimentata dai numerosi fontanili
presenti nella zona, la quale aveva allora una vocazione
prevalentemente agricola. Successivamente, l’intenso sviluppo
industriale e urbanistico degli anni 1950-70 diede luogo ad un
crescente prelievo di acque dal sottosuolo, che impoverì gli
acquiferi e causò l’abbassamento della falda, la cui superficie
raggiunse a San Donato, nella prima metà degli anni 1970, la
profondità di 12-15 metri dal suolo, mentre nella zona centrale
di Milano scese addirittura fino a 40 metri. In
conseguenza del disseccamento e della compattazione dei terreni
abbandonati dall’acqua si manifestarono inoltre locali fenomeni
di abbassamento del suolo, con valori di 5 cm registrati a San
Donato e di 22 cm in zona Duomo a Milano. La falda acquifera
rimase depressa fino alla metà degli anni 1970, quando la
dinamica si invertì bruscamente; in seguito alla chiusura di
molti pozzi, dismessi in conseguenza del trasferimento nel nord
milanese di molte industrie e imprese artigianali, si ebbe una
drastica diminuzione dei prelievi idrici (la produzione, che era
stata pari a circa un miliardo di mc/anno, si dimezzò); il calo
dei prelievi, unito ad alcuni periodi di eccezionale piovosità,
causò nella zona di San Donato una risalita della falda di una
decina di metri; ciò avvenne tra il 1976 ed il 1993, provocando
l’inondazione di molti edifici seminterrati; la risalita
proseguì lentamente anche nei successivi anni 1990, tendendo poi
a stabilizzarsi soltanto nel corso degli anni 2000.
Inondazione
provocata
dalla risalita della falda |
Le
conseguenze della rilevante risalita della falda furono
localmente aggravate dall’eccezionale sviluppo edilizio che
si era verificato in precedenza, nel periodo tra i primi
anni 1960 e il 1976, quando la superficie freatica si
trovava a maggiore profondità; molti edifici furono poi
allagati dalla imprevista e violenta risalita delle acque.
Quanto accaduto sollecitò le Amministrazione pubbliche
(Regione, Provincia e Comuni) ma anche molti privati ad
adottare, dapprima timidamente, poi in maniera più decisa,
soprattutto dopo i primi anni 1990, qualche misura di difesa
contro l’invasione delle acque sotterranee, ricorrendo a
interventi di drenaggio delle stesse e al loro scarico nei
canali di superficie. A San Donato costituimmo, in
collaborazione con il Comune e con l’Eni, un Gruppo di
studio composto da alcuni tecnici volontari, che si assunse
l’impegno di raccogliere ed elaborare i dati sulla
situazione idrogeologica della zona, di definire le aree più
critiche e di proporre, per poi seguirne l’attuazione, un
sistema di pompaggio che avrebbe dovuto comprendere una
serie di pozzi e le relative condotte di scarico per
l’evacuazione delle acque emunte dal sottosuolo, con la
finalità di contrastare o almeno di limitare la risalita
della falda. Il progetto trovò felice realizzazione nel
corso del 2001, grazie al Comune di San Donato, guidato
allora dal Sindaco Gabriella Achilli. Cinque pozzi di
drenaggio delle acque furono ubicati nelle zone più critiche
del territorio comunale; non mancarono le raccomandazioni ai
tecnici di pozzo di eseguire periodicamente i controlli
delle parti fini contenute nelle acque estratte, a garanzia
della sicurezza delle operazioni. Con l’avvio dei
pozzi si ottenne il previsto abbassamento della superficie
della falda, in accordo con i modelli previsionali che
avevamo elaborato in sede progettuale; fu così alleggerito
il disagio di una buona parte dei sandonatesi. |
|
|
Aree
critiche per allagamenti della falda acquifera a San Donato
Installazione di un pozzo di
drenaggio delle acque di falda |
Altri impianti minori di pompaggio delle acque furono
realizzati da gruppi condominiali privati; buona parte di
questi sono ancora in attività, saltuaria o permanente, in
quanto la situazione idrologica in questi ultimi tempi non
ha subito variazioni di rilievo: l’allarme per la falda
rimane infatti tuttora attivo, particolarmente nei periodi
di intensa piovosità e in relazione agli episodi di piena
del Lambro.
|
Per la
riduzione di un rischio, di qualsiasi natura esso sia, è
necessaria una conoscenza aggiornata dei relativi dati di
base ed è per questo che nell’ambito del nostro Comune sono
in atto, fin dal lontano 1997, la raccolta e l’esame delle
registrazioni piezometriche della falda, che vengono
effettuate periodicamente in alcuni pozzi prescelti; questi
dati ci consentono di seguire da vicino i movimenti della
superficie freatica e di rilevare eventuali anomalie e
influenze provenienti da agenti esterni, quali la piovosità,
gli apporti dal Canale Villoresi e da altri corsi d’acqua,
l’entrata in funzione o la dismissione di nuovi punti di
drenaggio, ecc.
Da queste registrazioni si è anche rilevato che i periodi di
minore soggiacenza della falda si verificano con maggiore
frequenza nei mesi di luglio e di novembre, e che
quest’ultimo è il mese in cui sono più frequenti le piene e
le esondazioni del Lambro.
Per quanto riguarda la falda, possiamo affermare che
attualmente, nella maggior parte del territorio comunale di
San Donato, la profondità della falda varia all’incirca tra
i 5,50 e i 4 metri dal suolo, come indica la curva inferiore
del grafico qui di seguito riprodotto, registrata dal
piezometro denominato “Cosmocal” nel periodo luglio
2011-ottobre 2012; la profondità della falda diminuisce
notevolmente avvicinandosi al Lambro, dove essa si riduce a
poco più di 2 metri, come risulta dalla curva superiore
dello stesso grafico, registrata nello stesso periodo dal
piezometro “Paullese”. E’ un’altra dimostrazione
dell’influenza che il fiume esercita sulla soggiacenza della
falda. Si nota anche un netto appiattimento della curva
superiore rispetto all’altra e quindi una netta attenuazione
dei rispettivi valori estremi (dai 120 cm di differenza tra
valore massimo e minimo a Cosmocal ai 55 cm del piezometro
Paullese).
|
|
|
Soggiacenza della falda 2011-2012 |
Un’altra
iniziativa di rilevante interesse per la sicurezza dei
territori soggetti a rischio idraulico, tra questi anche San
Donato, è rappresentata dal PAI, il “Progetto di piano per
l’assetto idrogeologico”, che prevede la definizione areale
di tre fasce di rispetto, contermini ai corsi d’acqua, alle
quali fasce corrispondono precisi vincoli di natura
ambientale e urbanistica. La prima fascia (A) corrisponde
all’alveo ampliato del fiume e si identifica come area entro
la quale avviene il deflusso delle acque di una normale
piena, mentre la seconda fascia (B), esterna alla prima,
corrisponde in pratica all’area entro la quale dovrebbero
essere contenute le acque di esondazione; la terza
fascia (C) rappresenta infine un’area marginale che potrebbe
essere invasa dalle acque soltanto in casi eccezionali; nel
caso del Lambro, il periodo di ritorno per eventi di questa
gravità è valutato in duecento anni, mentre le esondazioni
contenibili nella fascia B hanno una frequenza valutabile
intorno ai 4-5 anni. |
|
|
Il Piano
PAI |
Schema
delle fasce PAI |
Il Comune
di San Donato, dopo aver provveduto nel periodo 1998-2000
all’esecuzione lungo il fiume Lambro delle indagini previste
dalle norme del PAI, ha regolarmente proposto la definizione
areale delle fasce tenendo conto dei parametri idraulici del
fiume, delle arginature esistenti e delle particolari
caratteristiche fisiche delle aree adiacenti al corso
fluviale. La suddivisione proposta dal Comune è stata poi
approvata dagli enti interessati al controllo del Progetto
PAI, cioè l’Autorità di bacino del fiume Po e la Regione
Lombardia. Con riferimento al Lambro ricordiamo le annate in
cui sono avvenute le principali esondazioni del fiume in
questi ultimi decenni: 1976, 1992 e 2002; è da notare che
ciascuno dei tre eventi ha causato una sensibile risalita
della falda freatica. |
|
|
Un Pensiero al Futuro
Ed ora, volendo
pensare anche al futuro del nostro territorio, mi sembra
opportuno segnalare il programma che la Regione Lombardia ha
avviato qualche anno fa sotto la dizione di “Contratti di Fiume”
(CdF), che ritengo molto importante per il prosieguo dei
controlli sulla sicurezza idrologica della zona di San Donato;
in pratica si tratta di accordi che riguardano il controllo
idraulico ed il miglioramento ambientale dei principali corsi
d’acqua della regione, dall’Olona al Seveso, al nostro fiume
Lambro, che viene denominato ufficialmente Lambro
Settentrionale. Personalmente ho potuto seguire attraverso gli
anni, dal 2004 in poi, lo sviluppo e l’evoluzione di questo
vasto programma di studi, al quale sono invitati ad aderire
tutti gli enti pubblici territorialmente interessati. Riguardo
all’adesione al CdF Lambro, confermo la mia convinzione
personale sull’assoluta utilità di una partecipazione attiva del
nostro Comune, non solo per il contributo che possiamo dare in
favore della riqualificazione del fiume e quindi della
conseguente riduzione del rischio idraulico, ma anche al fine di
proteggerci da indesiderate azioni di altre parti. I Contratti
di Fiume (CdF) vengono definiti da World Water Forum come forme
di accordo che permettono di “adottare un sistema di regole in
cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore
sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario
nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di
un bacino fluviale”.In pratica gli obiettivi del CdF Lambro sono
quelli di migliorare le condizioni ambientali del bacino
fluviale, con particolare riguardo alla qualità delle
acque, al comportamento idraulico del fiume e allo stato del
territorio ad esso circostante.
Il Lambro alla traversa di Bolgiano |
Fanno parte
del programma degli interventi: il controllo puntuale della
qualità degli sversamenti civili e industriali che vengono
effettuati lungo il percorso fluviale; il controllo e
l’ottimizzazione, anche mediante monitoraggio, del regime
idraulico delle acque del fiume, anche al fine di ridurre i
rischi di esondazione; la riqualificazione del letto
fluviale e degli argini, con il proposito di assicurare il
regolare scorrimento delle acque; infine, l’estensione
dell’intervento di riqualificazione anche alle aree
adiacenti al fiume. |
|
|
Il Contratto Fiume
Nelle sue linee
generali il CdF risponde essenzialmente ad alcune finalità
delineate dalla Comunità Europea e dalle Nazioni Unite e può
essere identificato come una serie di interventi di
programmazione negoziata e partecipata, volti al contenimento
del degrado eco-paesistico e alla riqualificazione del
territorio di un bacino idrografico. Tali interventi possono
svilupparsi in diversi contesti amministrativi e geografici, in
coerenza ed armonia con le caratteristiche ambientali del
territorio, anche in relazione ai bisogni e alle aspettative
degli abitanti. I CdF si configurano come processi di
negoziazione tra pubbliche Amministrazioni e soggetti pubblici o
privati, coinvolti a diversi livelli, e si sostanziano in
accordi caratterizzati dalla volontarietà e dalla flessibilità
decisionali. Non hanno termine temporale prefissato, ma restano
in essere fino a che rimane viva la volontà di aderire
all’accordo da parte degli attori. Di estrema importanza è che
da parte di questi ultimi vi sia una “visione condivisa” del
bacino idrografico, in grado di guidare i
sottoscrittori del contratto all’elaborazione di un progetto
coerente con i problemi e la potenzialità della zona oggetto del
contratto. Essenziale per la buona riuscita del progetto è una
adeguata conoscenza del territorio e una sufficiente
preparazione professionale degli addetti alla fase esecutiva del
progetto stesso. Nella formulazione del progetto sarà importante
far emergere, nella “visione condivisa”, anche i conflitti e gli
interessi, ma anche le vocazioni territoriali e le capacità di
indirizzare le operazioni tenendo sempre e ben presente che
tutti gli interventi hanno per oggetto il fiume e il suo bacino
idrografico.
La Regione Lombardia ha per prima promosso il CdF in Italia, con
la finalità di affrontare in modo integrato ed efficace le
problematiche idraulico-ambientali dei bacini dei fiumi Lambro e
Olona e del torrente Seveso, che si sviluppano su una vasta area
compresa tra il Ticino, l’Adda e la confluenza nel Po,
interessando tutte le Province lombarde. I possibili
sottoscrittori dei CdF sono gli Enti direttamente interessati ai
problemi del relativo bacino idrografico e quindi i Comuni, le
Province, i Parchi e qualunque altra Comunità o Organizzazione
locale. Nel CdF è prevista anche l’adesione di soggetti privati,
impegnati in attività operative connesse con i progetti di
bacino.
|
Una piena del Lambro
con esondazione a valle |
Tra i
principi su cui si basano i CdF viene sottolineata la
necessità di uno stretto coordinamento tra gli attori
istituzionali, sia nella fase di definizione dei programmi
che nella realizzazione degli stessi; non dovrà inoltre
mancare la collaborazione tra attori, anche mediante
informazioni e scambio di studi pregressi ed esperienze,
ecc.; altrettanto auspicabile sarà la condivisione degli
obiettivi e la programmazione di azioni economicamente e
finanziariamente realizzabili. |
|
Obiettivi e Organizzazione del CdF
Gli obiettivi
da raggiungere nell’ambito del CdF, attraverso una reale
integrazione delle politiche settoriali, sono principalmente:
- la riduzione dell’inquinamento delle acque superficiali e
sotterranee attraverso il miglioramento degli impianti di
depurazione e della rete di drenaggio urbano, nonchè la
riduzione delle immissioni;
- la mitigazione del rischio idraulico, che può attuarsi sia
tramite misure strutturali, cioè opere di ingegneria idraulica e
manutenzione degli alvei o altro, sia mediante azioni non
strutturali, quali ad esempio la previsione delle piene, i piani
di protezione civile, ecc.
- la riqualificazione ambientale e paesistica dei corridoi
fluviali, intesa come conservazione e potenziamento della rete
ecologica naturale e come valorizzazione storico-culturale dei
centri urbani legati al fiume;
- un nuovo modello di sviluppo dei territori dei bacini, più
attento agli effetti ambientali e di sicurezza indotti sul
sistema delle acque.
Detti obiettivi portano alla definizione dei Programmi d’Azione,
che consentono di definire i progetti operativi, finalizzati
alla riqualificazione paesistico-ambientale e al contenimento
del degrado del bacino; a questa fase progettuale segue la
richiesta dei finanziamenti per l’esecuzione delle opere.
Per quanto riguarda l’organizzazione, il CdF prevede al top un
“Comitato di coordinamento”, composto dal Presidente della
Giunta regionale, dai Sindaci dei Comuni sottoscrittori e dai
Presidenti e Rappresentanti di altri Enti sottoscrittori, che ha
il compito di approvare il Programma di azione proposto dai
sottoscrittori del CdF e di sovrintendere all’attuazione.
Vi è poi un cosiddetto “Soggetto Responsabile”, un D.G. della
Regione, che fa da tramite tra il Comitato di coordinamento e il
Comitato Tecnico, controllando l’attuazione dei programmi e
partecipando come coordinatore alle riunioni di quest’ultimo.
Seguono i “Soggetti Attuatori”, cioè i rappresentanti dei Comuni
e degli altri Attori, che assicurano la realizzazione del
Programma d’azione e organizzano quanto necessario
all’attuazione dei progetti.
Infine il “Comitato Tecnico”, presieduto dal Soggetto
Responsabile e comprendente i delegati dei Comuni (oppure un
delegato per ogni gruppo di Comuni vicini), Provincie, Parchi,
Comunità, ecc.; questo Comitato ha l’importante funzione di
coordinare l’attuazione dei programmi con l’aiuto delle
strutture tecnico-amministrative dei sottoscrittori del CdF
(Comuni ed altri).
Tra gli impegni che il Comune di San Donato dovrà prevedere,
quale aderente al CdF, sono ad esempio quello di partecipare
alla programmazione delle azioni che saranno poi sottoposte
all’autorizzazione del Comitato di Coordinamento; di reperire,
anche tramite la Regione, almeno una parte del finanziamento
necessario per l’esecuzione delle azioni programmate; di mettere
a conoscenza del Comitato Tecnico, in accordo con gli altri
Comuni vicini, la documentazione tecnica disponibile sull’area
oggetto del CdF (cartografia, studi idrogeologici e ambientali,
piezometrie, analisi, ecc.).
Il punto più delicato riguarda il finanziamento dei lavori da
effettuare; a questo riguardo esiste un fondo regionale che
viene dichiarato “disponibile” e un fondo aggiuntivo “da
reperire”.
La Roggia Fuga con acqua derivata dal Lambro per irrigazione
Conclusioni
Il Comune di
San Donato Milanese, che anni fa aveva aderito al progetto
Seveso, nella primavera 2012 ha sottoscritto anche l’impegno
contrattuale riguardante il Lambro Settentrionale, che è di
rilevante importanza territoriale, perché investe da vicino gli
interessi della Comunità sandonatese.
L’obiettivo
guida per la città San Donato, considerati i rischi che da anni
è costretta a subire in tema di
sistema acque, dovrà essere principalmente quello di migliorare
il controllo e la difesa idraulica del vicino fiume, con
l’intento di ridurre e possibilmente di eliminare le esondazioni
dello stesso, e nel contempo di addolcire le saltuarie fasi di
piena; anche queste hanno una sensibile influenza sulle
fluttuazioni verticali della falda freatica, di cui purtroppo
conosciamo le permanenti minacce nei riguardi di molti
immobili di San Donato; e si può aggiungere che per il futuro le
previsioni a questo riguardo non sono purtroppo favorevoli, in
quanto l’evoluzione climatica in atto ormai da qualche anno è
destinata ad accentuarsi, con fenomeni estremi sempre più
violenti, e non potrà che aggravare l’attuale situazione,
apportando quindi, negli anni a venire, nuovi e più pesanti
disagi e quindi l’impellente necessità di difese sempre più
valide ed energiche.
Operazioni di pompaggio dell'acqua di falda
Per quanto si
riferisce alle azioni da intraprendere nell’ambito del Cdf,
diviene pertanto particolarmente raccomandabile, per la difesa
del nostro territorio, orientarsi in primo luogo sugli
interventi di controllo idraulico del corso d’acqua (aree di
laminazione e di espansione, monitoraggi continui,
teleregistrazioni, ecc.), estendendone l’applicazione anche nel
settore settentrionale del bacino, fino alle colline moreniche.
Altre azioni possibili sono rappresentate dalla realizzazione di
un sistema di monitoraggio con allertamento nel caso di rischio
di esondazione; si potrebbero prevedere anche interventi di
natura paesistico-ambientale nelle aree prossime al corso
fluviale. Tra le azioni da programmare potrebbe essere
ragionevolmente inserito un primo intervento di riqualificazione
degli argini e del letto del corso d’acqua, tenendo presente che
una loro,anche parziale, impermeabilizzazione favorirebbe lo
scorrimento delle acque e ridurrebbe l’alimentazione della falda
freatica da parte delle acque fluviali, alleggerendo i problemi
ad essa connessi.
Riferendoci alle raccomandazioni del CdF stesso, potrebbe
inoltre risultare utile la promozione culturale specifica,
organizzando cicli di incontri di informazione per i cittadini
su argomenti attinenti il Lambro e i rapporti di questo con il
territorio sandonatese.
Aggiungo qualche mia osservazione personale sulla gestione del
contratto in oggetto. Ricordo che in occasione della firma del
CdF fu sottoscritta una delega in favore del “Parco Agricolo Sud
Milano”, designato a rappresentare ufficialmente il Comune di
San Donato nell’ambito del Cdf in oggetto. Tale delega, sentito
il parere della Regione, non preclude assolutamente la
partecipazione attiva al Comitato Tecnico di una rappresentanza
del nostro Comune, anzi al contrario viene
sollecitata tale partecipazione; ciò garantisce al Comune il
tempestivo intervento nelle decisioni operative fin dalla fase
preliminare della programmazione. Questo è molto importante
perché consente di agire senza intermediari nel controllo di
azioni che potrebbero compromettere gli equilibri, soprattutto
idraulici nel nostro caso, del territorio, come già accaduto in
passato.
Mi riferisco alla proposta (poi fortunatamente respinta, grazie
anche al nostro contributo) avanzata da un Comune del milanese
che prevedeva di riversare nel nostro vicino Lambro le acque
delle piene del Seveso,
procurandoci qualche guaio in più di quelli già esistenti.
Sarà inoltre opportuno concordare con la Regione e con il Parco
Sud i termini e le modalità necessari per assicurare la piena e
reciproca collaborazione nelle singole fasi di programmazione e
di sviluppo del piano di azione, come del resto indicato dallo
spirito dell’accordo contrattuale.
Un po’ di ottimismo in chiusura: io penso e spero ardentemente
che il futuro ci riserverà qualche piacevole sorpresa, perché
sarà più allegro, sereno e tranquillo di come noi lo immaginiamo
oggi. Siamo in molti ad augurarcelo.
Pier Federico Barnaba
Dipartimento di Scienze della Terra
Università Studi di Milano
Comune di San Donato Milanese
Edizioni APVE-Eni
San Donato Milanese, Gennaio 2013
Adattamento web a cura dello Staff RecSando
|