El Gamba de legn
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rimangono dei legittimi proprietariLa tramvia a vapore Milano -
Melegnano - Lodi, entrò in esercizio nell'ottobre del 1880; una interessante
pubblicazione dell'epoca, curata dalla Deputazione Provinciale di Milano (ing. G.Bianchi -
Ed. Hoepli, 1883), ci fa conoscere molti particolari soprattutto di ordine tecnico.
La nostra fu una delle prime linee; la concessione porta la data del 23 febbraio 1879, in
favore del cav. Ferdinando Pistorius, il quale agiva per conto di una società, e, nel
giro di pochi mesi otteneva licenze analoghe per la Lodi - Treviglio, la Melegnano -
Sant'Angelo, ed infine la Treviglio - Cassano - Villa Fornaci. Questo Pistorius risultava
essere un commerciante in macchine agricole ed industriali, con sede in Milano Via
Ponte Seveso 21; ma ben presto cedette la sua ferrovia alla Società dei Tramwais
Interprovinciali e venne a morte nel 1884.
L'impiego del nuovo mezzo di trazione che faceva rapidamente trasformare anche i tram a
cavalli esistenti su qualche strada della provincia, e che la nostra generazione guarda
alla stregua di un anacronismo, andava quasi rivoluzionando tutta la vita di quel tempo;
era un Po' la rivincita sui treni, già molto diffusi, che andavano forte, su sede
propria, lontani dalle minori località.
Quindi i tramwais a vapore costituivano « la vera ed ultima espressione del trasporto
meccanico a buon mercato »: battere la strada ordinaria e... andare piano, per non
spaventare al suo passaggio uomini e bestie. Una trentina in tutto risultano essere state
allora, nella nostra provincia, le richieste di concessione per linee di tramvie a vapore
su strada; interessante per noi quella intestata al signor Gioacchino Curti, sempre per
conto di una società, riguardante la linea Milano - Linate Paullo (20 ottobre
1880), che i nostri padri non ebbero mai la fortuna di vedere realizzata.
La prima stazione in Milano della nuova tramvia si trovava sul viale di Circonvallazione
fra Porta Vigentina e Porta Lodovica, forse in comune con la linea di Pavia; tutto era
pronto ai primi di ottobre del 1880, allorchè tardava a giungere da Roma
l'autorizzazione.
Finalmente il cav. Pistorius riuscì a far spiccare dal Ministero dei Lavori Pubblici un
telegramma al Prefetto di Milano Basile, il quale, il 14 di quel mese, rilasciò una «
autorizzazione provvisoria » all'apertura d'esercizio della linea Milano - Melegnano -
Lodi, la quale, salvo concessione definitiva, doveva sottostare, fra molte altre, alle
seguenti norme: innanzitutto che siano abbattute tutte quelle piante che all'altezza di un
metro dalla rotaia ne distino meno di metri 0,90; la composizione dei treni deve essere di
non più di tre vetture agganciate alla macchina.
Col passare degli anni però i convogli
divennero man mano più lunghi. Nessun uso di trombette lungo il corso della strada
piacentina per non ingenerare confusione coi segnali che vengono fatti dalla vicina
ferrovia; viceversa che i convogli, nell'attraversare gli abitati debbano procedere a
passo d'uomo ed essere preceduti da apposito guardiano che abbia a camminare in mezzo al
binario.
Sul ponte del Lambro dovrà esservi in permanenza un incaricato a vegliare sulla sicurezza
del transito, perchè, stante la sua larghezza limitata, non è permesso lo scambio di due
carri ordinari quando transita il treno; inoltre che il tram si arresti a Rogoredo in
prossimità dell'attraversamento della ferrovia, e che la velocità massima consentita sia
di diciotto chilometri. Fenomenale!
Tutte le concessioni precedenti a quella della Milano - Lodi portavano il limite a
quindici chilometri orari; sicché la durata del percorso da Milano a Melegnano, fermate
comprese, era prevista in un'ora esatta. E così il trenino traballante, sbuffante, coi
suoi getti di vapore, fumo e polvere di carbone, entrò nella nostra vita quotidiana come
cosa familiare, parte indispensabile del lavoro, dei commerci, delle gite, dei movimenti
di gente in occasione di feste o sagre.
La società concessionaria faceva affari d'oro; si suggerivano sempre nuove e maggiori
applicazioni, come quella dei trasporti militari, perché essendo le carrozze
aperte, riusciva più agevole impartire ordini (!): ma non si sa che seguito abbia
avuto tale proposta, mentre assai più diffuso divenne il trasporto delle merci; si faceva
gran conto sui raccordi con importanti industrie nascenti alla periferia di Milano,
sull'impulso dato all'economia agricola col trasporto di fertilizzanti e perfino delle «
Materie escrementizie »: in sostanza un mezzo per portar fuori dalla città il letame.
Ben si sa che le stalle e scuderie costituivano una piaga secolare per l'igiene e la
salubrità di Milano, prima che si scoprisse e si diffondesse l'uso dei trasporti a
trazione meccanica. Perchè lo chiamavano « gamba de legn »? Alla denominazione curiosa
furono date molte spiegazioni; Renzo Codara, in un articolo comparso sulla rivista
"Milano" del 31 maggio 1931, proprio quando si chiudeva melanconicamente
l'esercizio della tramvia Milano - Melegnano - Lodi, ne dà una verosimile.
Moltissimi anni or sono, un poveraccio di manovratore veniva travolto durante
l'agganciamento di un trenino e riportava lo schiacciamento di una gamba che gli dovette
essere amputata. A quell'epoca nessun diritto, nessuna garanzia era concessa ai lavoratori
infortunati sicché fu buona grazia per lui se la Società esercente le tramvie lo tenne
al suo servizio, dandogli, con involontaria e crudele ironia, l'incarico di far la
staffetta ai treni nel loro passaggio per le vie della città.
Il popolo, che sa essere ferocemente satirico, notò il fatto di quel poveraccio che
barcollando sul moncone di legno correva avanti al convoglio agitando la bandiera e
facendo squillare la trombetta d'allarme, e siccome col suo passo regolava anche la marcia
del convoglio, egli fu considerato come l'esatta misura, il vivente simbolo della
velocità della tramvia e da ciò il nome di "gamba de legn" dal suo araldo
annunciatore.
Da molti anni, però, tale sistema d'avviso e d'allarme era stato abbandonato: il
fumigante convoglio non spaventava più nessuno, sicchè lo strombettamento era rimasto un
sonoro privilegio per gli abitanti di Melegnano, le cui vie zigzaganti richiedevano ancora
tale norma precauzionale ». Le cautele per proteggere la vita umana non sono mai troppe e
la legislazione di allora era stata molto dettagliata al riguardo; attesa la grossa
novità di un mezzo meccanico che si muoveva su una strada comune, il Ministro dei Lavori
Pubblici, con circolare ai Prefetti del 20 giugno 1879, stabiliva espressamente che i
convogli dovessero rallentare od anche fermarsi « Quante volte lo avvicinarsi di un
treno, spaventando cavalli ed altri animali, potesse cagionare disordini o qualche
disgrazia». Il demone della velocità prende l'uomo ancor più fortemente che altre
passioni; così avvenne di quel manovratore (non sulla nostra linea Milano-Lodi!), che
trovandosi davanti due poveri vecchietti i quali camminavano tranquillamente fra i binari,
non solo li travolse lasciandoli morti sul terreno, ma tirò via diritto fino alla
prossima stazione.
Al processo ebbe il coraggio ed il candore di dichiarare che lo fece di proposito per
evitare, con una brusca frenata, un grosso spavento ai passeggeri che erano a bordo!
Sempre per squisita attenzione in favore dei passeggeri un altro manovratore investì un
branco di pecore e ne fece un macello, andando a finire con la sua macchina nel Redefossi
nelle vicinanze del passaggio a livello di Rogoredo.
Ma se ne spiega tecnicamente, almeno in parte, il motivo; le macchine scelte per questa
linea furono quelle della casa Henschel e Sohn di Cassel, le quali avevano un difetto
congenito di ballonzolare. Gli stantuffi erano situati sotto la caldaia che perciò veniva
ad essere posta troppo in alto; sopra di essa ci stava il serbatoio dell'acqua che
arrivava fino al tetto: quanto insomma bastava a far sì che dall'irrazionale centro di
gravità, la stabilità della macchina fosse compromessa, ma verso il 1910 vennero
introdotte altre locomotive, più pesanti e più moderne.
Smantellata la linea Melegnano - Sant'Angelo, nel maggio 1931 si diede mano a demolire la
Lodi - Melegnano - Milano, incominciando dalla campagna e venendo verso il capoluogo. Si
dice che il quindici di quel mese entrassero per la prima volta sotto le grandi tettoie
della nuova stazione di Milano i treni di lavoratori provenienti dal Lodigiano; nella
ormai deserta e melanconica stazione della nostra tramvia posta in viale Montenero, una
piccola locomotiva apriva le valvole ad un ultimo sibilante prolungato fischio per non
muoversi più.
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