"Al basso, una vicenda di acque stagnanti e dorsi arenosi, all'alto un labirinto di valli intercette da monti inospiti e laghi" (…..). E' la fotografia del territorio del milanese prima che cominciassero le bonifiche dell'epoca romana e, ancor più sistematiche, degli enti monastici medievali.
Cistercensi e Umiliati, a partire dal XII secolo, iniziarono un'opera colossale che trasformò gli acquitrini in terreno fertile, adatto all'agricoltura e all'allevamento, attività che caratterizzarono spiccatamente, soprattutto a sud della grande città, il paesaggio e l'economia.
Le acque stagnanti vennero incanalate e sparirono le paludi; le acque vive, quelle dei fiumi e dei fontanili, vennero impiegate per l'irrigazione e per colture speciali come le marcite (introdotte dai cistercensi nel XII sec.) e del riso
(XVI sec.).
Milano divenne il crocevia di una complessa, quanto ordinata ed efficiente, rete di canali che furono ben presto impiegati come importanti vie di comunicazione e trasporto. A partire dal XIII sec., la città venne collegata al Ticino ad ovest (Naviglio Grande e Naviglio Pavese) e all'Adda ad est (Naviglio
Martesana), mentre le acque di altri piccoli fiumi (il Seveso, l'Olona) vennero incanalate disegnando, coi Navigli, una pianta cittadina che la fece assomigliare a quelle di Venezia o Amsterdam.
Seguendo la naturale pendenza del territorio verso sud., cioè verso il lodigiano detto appunto "la bassa", vennero costruite diverse opere idrauliche aventi come riferimento la valle del Lambro che, sfiorando Milano, diventa il naturale collettore delle acque della città. La roggia Vettabbia (già utilizzata in epoca romana per il trasporto) e i grandi collettori Redefossi e Lambro meridionale ne sono tutt'oggi la testimonianza più evidente: i primi due raggiungendo il Lambro a
Melegnano, il terzo a S. Angelo Lodigiano.
Al giorno d'oggi, ridotti a collettori fognari in parte coperti e in parte non, sono la testimonianza più degradante dell'inquinamento: Milano, nonostante imponga ai suoi cittadini una pesante tassa sulla depurazione delle acque, non è ancora riuscita a dotarsi di un depuratore.
Tra Melegnano e Lodi, a partire dal XIII sec., con la costruzione del canale Muzza si aprì una nuova e importante via d'acqua. Attraverso il colatore Addetta, e altri minori, le acque dell'Adda, da cui deriva la
Muzza, e del Lambro vennero messe in comunicazione.
Soffermandoci nella zona di S. Donato Milanese, che ospita il nostro istituto, vanno citate altre opere idrauliche di rilevante interesse: il Cavo Marocco (che si diparte dalla Vettabbia e va a irrigare, oggi a inquinare, diversi paesi tra il milanese e il lodigiano) e il recente scolmatore artificiale che collega il Redefossi al Lambro per controllare gli effetti delle piene.
Questa complessa e mirabile rete idrica, costruita con fatica e perizia nei secoli, che ha dato vita al territorio e benessere ai suoi abitanti, oggi racconta la storia di un radicale cambiamento nell'economia e nella società del secondo dopoguerra. Le acque che prima alimentavano colture diverse e specialistiche, come il riso, e nelle quali, fino a cinquant'anni fa si potevano pescare, da monte a valle, trote, temoli e storioni sono ridotte, perlopiù a corsi maleodoranti con scarsissime forme di vita.
Chi può immaginare che Lambro significhi "limpido" e che era famoso per la pesca dei gamberi?
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