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SAN
DONATO MILANESE
L'èra ciara l'aqua del Lamber
Era chiara l'acqua del Fiume
Lambro
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ALLA FOCE
Superato il ponte sulla statale 234, che congiunge, sulle sponde opposte, Lambrinia (PV) con Orio Litta (LO), il fiume si allarga sensibilmente, protetto sulle rive da robuste arginature.
Dal ponte, lo sguardo spazia su terreni coltivati e pioppeti che vanno a costituire la quinta naturale tra cielo e terra all'orizzonte.
L'acqua del fiume è molto scura e schiumeggiante, stormi di gabbiani si alzano in volo al passaggio dei rari visitatori o dei movimenti di un occasionale pescatore che non rinuncia, nonostante l'aspetto poco invitante delle acque, a calare la lenza o la rete. Voli di uccelli bianchi contro lo sfondo grigio-verde della vegetazione e l'azzurro del cielo nelle belle giornate, un ornamento leggiadro se la presenza dei gabbiani non fosse, ormai, tra gli indicatori più tipici dell'inquinamento delle acque, delle sponde fluviali e del suolo.
Percorrendo l'argine verso
sud, dopo pochi chilomentri, sempre tra campi coltivati e pioppeti, esso
si innesta in una difesa assai più possente oltre la quale lo sguardo
spazia su una grande distesa d'acqua, intervallata da spiaggie e
isolotti: siamo sull'argine del Po, cioè alla confluenza del Lambro col
grande collettore padano. La foce del nostro fiume.
Sotto l'intersezione dei due argini, sulla sponda sinistra, merita uno
sguardo l'interessante e antico agglomerato agricolo di Corte
Sant'Andrea.
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Il nostro viaggio è terminato. Abbiamo
incontrato il fiume per la prima volta che era soltanto un torrentello
che sgorgava da una sorgente cristallina, l'abbiamo poi seguito nel suo
corso montano fino ai laghi briantei e, quindi, nel suo percorso
attraverso la pianura milanese e lodigiana. L'abbiamo visto scorrere in
territori caratterizzati da nobilissime tracce storiche, passare tra
boschi e grandi parchi, cittadine industri nella fertile pianura
agricola, fino alla foce. Le sue acque si sono via via intorbidite,
hanno prodotto schiume sotto le numerose briglie, si sono arricchite di
materiali abbandonati (di ogni genere) per acquisire, lentamente,
l'aspetto di una fogna a cielo aperto.
Il fiume che era l'emblema delle acque limpide (Lamber = limpido ?), nel
secondo dopoguerra è diventato invece il simbolo dell'inquinamento e
del degrado ambientale.
Alla fine degli anni '80, il parlamento italiano deliberò lo
stanziamento di cinquemila miliardi per il recupero delle acque lombarde
più compromesse. Fu chiamato "Piano Lambro", ma i radicali
cambiamenti nell'amministrazione politica nazionale e locale, la crisi
economica, hanno fatto sì che la questione sia stata accantonata. Un
decennio dopo non risulta sia stata spesa una lira di quel progetto,
mentre da più parti, dalle associazioni naturalistiche e dalle
comunità locali che puntano ad un rilancio dell'economia della valle,
si auspica la ripresa di una progettualità di recupero e valorizzazione
del suo territorio.
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Eccoci alla fine del viaggio. Le acque del Lambro hanno caricato una gran quantità di veleni dannosi per tutti quelli che vivono in rapporto con il fiume.
E purtroppo non si fermano, ma proseguono verso il mare....
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